VENERE E CUPIDO
Pippi Giulio detto Giulio Romano
Descrizione
Autore: Pippi Giulio detto Giulio Romano (1499 ca./ 1546), disegnatore / pittore
Cronologia: post 1526 - ca. 1528
Tipologia: pittura
Materia e tecnica: olio su intonaco
Misure: 175 cm x 180 cm
Notizie storico-critiche: Il primo lacunare ottagonale prospiciente la parete d'ingresso alla camera di Psiche (ovest) raffigura Venere nell'atto di indicare Psiche al figlio Cupido (Apuleio, Metamorfosi, IV, capp. 30-31). La dea, gelosa e adirata per la sconfinata ammirazione che gli uomini riservano a Psiche, figlia bellissima di sovrani, tributandole onori e sacrifici degni del proprio culto, decide di servirsi del figlio per vendicare l'affronto causato da quella "bellezza arrogante": manda così a chiamare Cupido, lo conduce alla città di Psiche e gli indica la fanciulla, ordinando che, con i suoi strali, la faccia innamorare dell'uomo più miserabile del mondo. La scena è ambientata in cielo: le due divinità siedono sul carro di Venere, trainato da due cigni; due colombe in volo e un delfino ai piedi della coppia divina costituiscono i consueti attributi della dea della bellezza. In aria si librano due amorini che, innalzando le proprie fiaccole accese, alludono al fuoco bruciante della passione. La dea è abbigliata con una veste di colore verde chiaro attorta in grafiche volute, tra le quali l'ombra si insinua creando un gioco di punti chiari e scuri di grande effetto visivo; la luce spiove sulle figure dall'angolo superiore destro, modellando con vigore gli incarnati e definendo con delicatezza le piume, i capelli dorati, la seta di cui pare essere intessuta la veste di Venere. Il gesto epidittico delle due figure, unito agli sguardi intensi volti nella stessa direzione, istituisce un legame tra il pannello e il lacunare seguente, dove è mostrata "Psiche adorata come una divinità". L'inizio della narrazione del mito può essere fissato sia nel dipinto in esame sia nell'adiacente, benché il riferimento al testo possa più facilmente indicare la precedenza di "Psiche adorata come una divinità" (cfr. IV, cap. 29) su "Venere indica Psiche ad Amore" (IV, capp. 30-31). Il dipinto è realizzato a olio su un intonaco di malta finissima, applicato a stuoie di canne intrecciate, a loro volta ancorate al telaio ligneo portante della volta. Ideazione e disegno spettano esclusivamente a Giulio Romano, cui Hartt assegna anche l'esecuzione pittorica; Oberhuber è sostanzialmente concorde con tale proposta attributiva. L'alta qualità dell'opera è sottolineata da Belluzzi, che ne apprezza soprattutto la cromia accesa. Come tutte le scene dipinte della volta, anche quella in esame presenta ridipinture, mappate durante le analisi preventive al restauro ICR del 1986. Si sottolinea, in particolare, che il dipinto è stato sottoposto a "saldatura del colore" e, quasi certamente, anche integrazione delle lacune da parte di Dante Berzuini nel secondo decennio del secolo scorso. Tutti i pannelli dipinti della volta presentavano, prima del restauro del 1986, cadute di colore, ridipinture più e meno estese e una patina superficiale bruna: la scelta metodologica attuata dai restauratori ICR è stata quella di rimuovere tale patina ma di conservare i ritocchi dei precedenti interventi, a meno che questi non fossero visibilmente alterati o che non fosse necessario sacrificarli per mettere in opera interventi conservativi. Nel corso del restauro ICR, il cielo della scena è stato interamente liberato da un colore azzurro più scuro dell'originale steso nel corso del Novecento.
Collocazione
Mantova (MN), Museo Civico di Palazzo Te
Credits
Compilazione: Marocchi, Giulia (2011)
Aggiornamento: Pisani, Chiara (2011)
Scheda completa SIRBeC (formato PDF)
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/opere-arte/schede/M0230-00211/
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