PSICHE NEL PALAZZO DI CUPIDO
Pippi Giulio detto Giulio Romano
Descrizione
Autore: Pippi Giulio detto Giulio Romano (1499 ca./ 1546), disegnatore / pittore
Cronologia: post 1526 - ca. 1528
Tipologia: pittura
Materia e tecnica: olio su intonaco
Misure: 170 cm x 171 cm
Notizie storico-critiche: Il primo lacunare ottagonale prospiciente la parete est della camera raffigura il solitario pasto di Psiche nel palazzo di Amore (Apuleio, Metamorfosi, V, cap. 3). Il favola narra che Psiche, rapita da Zefiro viene adagiata su un morbido prato: destatasi da un sonno ristoratore, la fanciulla scorge, nel cuore di un bosco, accanto a una fonte di acqua cristallina, un palazzo regale; Psiche entra e ne ammira curiosa le splendide stanze, rilucenti d'oro e pietre preziose fino a quando una voce misteriosa, senza corpo, la invita a godere liberamente di tanta bellezza, a lei destinata; la voce si presenta come sua serva, annunciandole che lei e altre serve sono pronte ad esaudire ogni suo desiderio. Psiche si concede un breve riposo e un bagno, quindi, apparsi all'improvviso un "seggio di forma semicircolare" e una tavola imbandita, si mette a cenare: "senza che nessuno la servisse, ma solo come spinte da un soffio, le vengono offerte, una dopo l'altra, portate di pietanze varie e vino dolce come il nettare". L'episodio del pasto di Psiche si colloca, nella lettura della sequenza degli ottagoni, dopo "Psiche trasportata da Zefiro"; in discussione, da parte della critica, è il rapporto sequenziale tra l'ottagono in esame e il vicino, raffigurante "Psiche addormentata" che, secondo la maggior parte degli studiosi, raffigurerebbe proprio il sonno della fanciulla appena adagiata da Zefiro sul prato nei pressi della reggia di Amore: l'ottagono sarebbe pertanto da leggere prima de "Il pranzo di Psiche", secondo un'insolita e palese inversione della sequenza narrativa. Il dipinto, caratterizzato da una composizione in forte scorcio prospettico e da una cromia notturna, mostra Psiche seduta con le gambe accavallate su un sedile dal profilo arrotondato, semicircolare, come vuole il racconto. La fanciulla porta alla bocca il cibo, mentre uno stuolo di mani appena visibili solleva e le offre ricche portate; sulla tavola, coperta da una candida tovaglia, si scorgono le sagome di altri piatti e un'ampolla contenente vino. Le mani che, emergendo appena dall'oscurità, offrono le pietanze a Psiche appartengono a figure di putti, come intuibile dai due piccoli inservienti sulla sinistra, benché la suggestione delle voci senza corpo del racconto di Apuleio torni vivida nei profili appena accennati di arti che, in realtà, sembrano non appartenere a figure specifiche. La parte superiore della composizione è dominata da un drappo luminoso, sollevato da due amorini in volo a mo' di baldacchino. La luce piove dall'alto a sinistra, illuminando la protagonista e scendendo lungo la tovaglia, arrivando infine a disegnare il profilo dei gradini su cui poggia il seggio di Psiche; il contrasto luce-ombra rende con suggestione il mistero delle mani "senza corpo" ed è funzionale a un'ambientazione che crediamo notturna, in quanto il testo esplicita che, terminato il pasto e "invitata dall'ora tarda, Psiche si ritirò a dormire". Il dipinto sarebbe dunque un notturno, al pari dell'ottagono "Psiche vede Amore", e il pasto una cena serale. Il pannello è realizzato a olio su un intonaco di malta finissima, applicato a stuoie di canne intrecciate, a loro volta ancorate al telaio ligneo portante della volta. Ideazione e disegno spettano esclusivamente a Giulio Romano, cui Hartt, come nel caso di alcuni altri scomparti della volta, attribuisce anche l'esecuzione pittorica. Concorda con tale posizione Oberhuber. Come tutte le scene dipinte della volta, anche quella in esame presenta ridipinture, mappate durante le analisi preventive al restauro ICR del 1986. Tutti i pannelli presentavano, prima del restauro del 1986, cadute di colore, ridipinture più e meno estese e una patina superficiale bruna (quest'ultima particolarmente evidente nel caso in esame): la scelta metodologica attuata dai restauratori ICR è stata quella di rimuovere tale patina ma di conservare i ritocchi dei precedenti interventi, a meno che questi non fossero visibilmente alterati o che non fosse necessario sacrificarli per mettere in opera interventi conservativi.
Collocazione
Mantova (MN), Museo Civico di Palazzo Te
Credits
Compilazione: Marocchi, Giulia (2011)
Aggiornamento: Pisani, Chiara (2011)
Scheda completa SIRBeC (formato PDF)
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/opere-arte/schede/M0230-00215/
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