CAVALLO
Pippi Giulio detto Giulio Romano; Rinaldo Mantovano (attr.); Pagni Benedetto (attr.)
Descrizione
Autore: Pippi Giulio detto Giulio Romano (1499 ca./ 1546), disegnatore / pittore / pittore; Rinaldo Mantovano (attr.) (/ ante 1546), pittore; Pagni Benedetto (attr.) (1504/ 1578), pittore
Cronologia: ca. 1525 - ca. 1526
Tipologia: pittura
Materia e tecnica: affresco; affresco finito a secco
Misure: 229 cm x 224 cm
Descrizione: Il cavallo è ritratto a figura intera e a grandezza quasi naturale. Occupa lo spazio tra due paraste corinzie ed è illusionisticamente dipinto davanti a un'apertura di tipo paesaggistico, introdotta da una cornice architettonica di tono azzurro. Un cornicione separa il paesaggio retrostante l'animale dalla scena a monocromo superiore con "Ercole e il leone di Nemea". La figura del cavallo si colloca visivamente al di qua del recinto architettonico; gli zoccoli poggiano idealmente sull'architrave del portale in marmo d'ingresso alla Camera di Psiche.
Notizie storico-critiche: Il cavallo è rivolto a destra e ritratto quasi in perfetto profilo: la prospettiva mostra le zampe anteriore e posteriore sinistre in lieve avanzamento rispetto alle altre. A differenza di altri cavalli ritratti nella sala, non è noto il nome dell'animale: tra gli zoccoli (peraltro mutilati a causa dell'inserimento del portale marmoreo), infatti, non compare nessuna iscrizione dipinta; né consente di risalire all'appellativo del cavallo il rilievo grafico di Ippolito Andreasi (cfr. Belluzzi 1998, p. 367, fig. 216), dove non è testimoniata alcuna scritta identificativa. Il cavallo, forse di razza araba, ha un mantello marrone-rossiccio molto simile a quello, meglio conservato dal punto di vista pittorico, del compagno ritratto tra le prime due finestre della parete nord (Bataglia). Così come il cavallo di mantello leardo ritratto sulla parete opposta, il cavallo reca tracce ad incisione indiretta di un marchio originariamente dipinto sulla coscia: la tipologia del marchio si avvicina in modo palese a quello contrassegnante la razza Giannetta o "Zannetta" incluso nella serie dei marchi delle razze (ASMn, A.G., b. 258: in Malacarne 1995, pp. 17-18 e p. 102) riferite al tempo di Ferdinando Carlo, decimo e ultimo duca di Mantova (1661-1708). Come in quel caso le iniziali del nome del signore sono iscritte in una losanga: tuttavia non compare sui due cavalli del Te la corona sormontante la figura, qui completata, invece, da una lettera capitale "M": giacché di una "M" crediamo si tratti in entrambi i casi, e non della coppia di lettere "BA", letta da Malacarne a coronamento della losanga come precisazione della razza barbara (Malacarne 1995, p. 155). Unico caso tra i cavalli ritratti nella sala, l'esemplare in esame reca anche un secondo marchio: una lettera "G" dipinta sulla ganascia, tuttora ben leggibile e forse da riferire alla parola "Gonzaga". Non sappiamo se la marchiatura sulla ganascia sia indicatrice o meno del sesso dell'animale, come potrebbe fare supporre una nota, benché di inizio Settecento, citata da Malacarne in merito ai marchi delle razze d cui sopra (cfr. Malacarne 1995, p. 40 nota 30). A livello di tecnica esecutiva si segnala l'uso esclusivo dell'incisione da cartone per la realizzazione del cavallo (finimenti, dettagli del muso, criniera, profili del corpo in generale e del disegno del mantello in particolare). L'animale è stato dipinto in un'unica giornata, che ne segue fedelmente il profilo escludendo sia la cornice azzurra interna il riquadro sia le tre porzioni di paesaggio retrostante (tre giornate). E' particolarmente evidente, in questo caso, il forte aggetto dell'intonaco steso per la realizzazione dello sfondo, che risulta essere il frutto di un mutamento d'intenzione. La veduta mostra, tra le zampe dell'animale, uno scenario urbano composto da torri e alti edifici cinti da mura, introdotto da una folta vegetazione in primo piano: uno specchio d'acqua è dipinto a ridosso della cinta muraria; alcune figure compaiono tra la vegetazione e sulla sponda del presunto lago. Una nota di particolare interesse e curiosità è offerta dal lungo serpente dipinto nell'erba in primo piano, la cui testa è rivolta verso le due figurine in conversazione. La pittura, veloce e piuttosto compendiaria, è paragonabile sotto molti aspetti a quella adottata da Anselmo Guazzi e Agostino da Mozzanica nei paesaggi della Camera di Ovidio. In occasione dell'ultimo restauro degli affreschi della sala, il paesaggio sottostante l'addome del cavallo è stato staccato e fatto quindi riaderire mediante una malta di calce e sabbia: si era infatti presentata la necessità di rimuovere il gesso a pronta presa impiegato da un ignoto operatore primo-novecentesco durante un'operazione di stacco e riadesione della stessa parte dipinta, per ovviare a problemi di risalita capillare.
Collocazione
Mantova (MN), Museo Civico di Palazzo Te
Credits
Compilazione: Marocchi, Giulia (2011)
Aggiornamento: Pisani, Chiara (2011)
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/opere-arte/schede/M0230-00273/
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