Lapide sepolcrale di Corrado Andreasi

produzione mantovana

Lapide sepolcrale di Corrado Andreasi

Descrizione

Ambito culturale: produzione mantovana

Cronologia: post 1443

Tipologia: scultura

Materia e tecnica: marmo broccatello

Misure: 76.5 cm x 109 cm x 8.5 cm

Descrizione: Lapide sepolcrale frammentaria, lavorata a bassorilievo, rotta in due pezzi: il maggiore riporta parte dell'iscrizione e scudo con stemma nobiliare; il minore, parte dell'iscrizione.

Notizie storico-critiche: Frammento di lapide sepolcrale, rotto in due pezzi sicuramente dopo il 1930 circa: la relativa scheda dattiloscritta di N. Giannantoni (?), direttore di Palazzo Ducale, redatta prima del 1929 (cfr. DO), descrive infatti il marmo, in Palazzo Ducale, non ancora spezzato in due parti.
La persona ricordata nell'iscrizione é Corrado Andreasi, esponente della nobile famiglia mantovana, ma originaria d'Ungheria, degli Andreasi, signori del feudo di Ripalta dal 1156 (anno del loro arrivo a Mantova). Corrado fu figlio di Amorotto e di Teodosia Gorni. La tomba era collocata in S. Domenico, chiesa nella quale giaceva un'importante figura della stessa famiglia Andreasi: la beata Osanna, qui sepolta nel 1508 ma il cui corpo fu di seguito trasferito nel monastero domenicano di S. Vincenzo (1798) e infine nella cattedrale di S. Pietro (1813). S. Domenico fu luogo di sepoltura di vari esponenti di famiglie nobili mantovane, che arricchirono le proprie cappelle di sepolcri marmorei e pitture anche sull'esempio dell'illustre commissione del sepolcro marmoreo per la Beata allo scultore Gian Cristoforo Romano da parte della marchesa Isabella d'Este.
Nel 1924, al momento della demolizione della chiesa e del complesso conventuale di S. Domenico, la lapide era collocata in uno dei chiostri - assai probabilmente il primo - del convento: é infatti riconoscibile nello "stemma in marmo di S. Ambrogio, dai demoliti chiostri di S. Domenico" consegnato con altre lapidi sepolcrali di identica provenienza (tra esse, la n. inv. gen. 11307, di Diana Andreasi) dal Comune di Mantova all'amministrazione di Palazzo Ducale il 17 giugno 1924 (cfr. DO). Corrisponderebbe, inoltre, a una delle "iscrizioni sepolcrali marmoree che si trovavano nel primo chiostro e nel corridoio presso la sala di convegno" richieste in deposito dallo stesso Clinio Cottafavi, autore dell'avviso di ricevuta, il 30 maggio 1924.
Il Comune di Mantova, divenuto proprietario della Caserma Landucci ricavata negli spazi dell'ex chiesa e convento di S. Domenico (acquisto effettuato il 20 marzo 1924, cfr. ASCMn, C.C., b. 5, classe I-art. 2, fasc. 40 "Caserma S. Domenico, ora Landucci") con la finalità di abbattere lo stabile in attuazione del nuovo piano regolatore, dispose tra 1924 e 1926 circa il deposito a Palazzo Ducale, già sede delle collezioni civiche, di marmi e altri manufatti presenti nel complesso conventuale: portali, lapidi, sculture e altri marmi di tipo architettonico.
La demolizione del complesso conventuale - con una prima eccezione riguardante il campanile e il fianco occidentale dell'ex chiesa, gravati "dalla servitù di pubblico rilevante interesse [...]" (cfr. contratto di acquisto 20 marzo 1924 su citato) - fu sostazialmente accolta da una voce importante della cultura mantovana dell'epoca, nonché Direttore del Museo di Palazzo Ducale: Clinio Cottafavi (7 dicembre 1921, cfr. bibliografia) che, descrivendo le parti di maggior interesse della chiesa e degli annessi, auspicandone la conservazione, indicò nel riutilizzo dei materiali artistici di S. Domenico la giusta via di qualificazione delle nuove costruzioni cittadine, in primis i portici.

Collocazione

Mantova (MN), Museo di Palazzo Ducale

Credits

Compilazione: Marocchi, Giulia (2014)

  Scheda completa SIRBeC (formato PDF)

NOTA BENE: qualsiasi richiesta di consultazione, informazioni, ricerche, studi (nonché documentazione fotografica in alta risoluzione) relativa ai beni culturali di interesse descritti in Lombardia Beni Culturali deve essere inoltrata direttamente ai soggetti pubblici o privati che li detengono e/o gestiscono (soggetto o istituto di conservazione).