Camera dei Giganti
Giulio Romano; Rinaldo Mantovano (attribuito); Ghisoni, Fermo (attribuito); Luca da Faenza (attribuito); Pozzo, Paolo
Descrizione
Identificazione: Gigantomachia
Autore: Giulio Romano (1499 ca.-1546), ideatore; Rinaldo Mantovano (attribuito) (m. 1546 ante), pittore; Ghisoni, Fermo (attribuito) (notizie sec. XVI secondo quarto), pittore; Luca da Faenza (attribuito) (notizie sec. XVI secondo quarto), pittore; Pozzo, Paolo (1741-1803), architetto
Cronologia: post 1532 - ante 1534post 1775 - ante 1799
Tipologia: pertinenze decorative
Materia e tecnica: intonaco / pittura a fresco
Descrizione: Volta e pareti decorate ad affresco con la raffigurazione del mito della Caduta dei Giganti. Gli spigoli delle pareti sono stati smussati, così come gli angoli tra le pareti e la volta, in modo da celare i limiti architettonici dell'ambiente.
Notizie storico-critiche: Tra il 1532 ed il 1534 lavorano alla sala, sui disegno di Giulio Romano, i collaboratori Rinaldo Mantovano, Fermo da Caravaggio e Luca da Faenza. L'ambiente è interamente decorato con l'ultimo atto della mitica guerra tra i Titani e Giove, vinta da quest'ultimo. Con un ardito scorcio, nella volta doppia e tonda, è raffigurato il trono di Giove all'interno di un tempio a pianta centrale. Poco più in basso si trova Giove stesso, nell'atto di scagliare fulmini contro i Giganti, ed in circolo le divinità dell'Olimpo confuse e sgomente. Si riconoscono Giunone che assiste Giove, Apollo sul carro solare, Nettuno con il tridente, Marte che impugna la spada, Amore armato di arco e frecce e Venere che fugge. Sulle pareti sono dipinti i Giganti mentre tentano invano di proteggersi dal mondo che rovina su di loro. Tra le ampie portefinestre si distinguono Plutone con il bidente, le Furie dal capo ricoperto di serpenti, il gigante Tifeo che sputa fuoco. Secondo la mitologia Tifeo fu imprigionato da Giove sotto l'isola di Sicilia e, continuando a muoversi ed emettere fuoco, diede origine all'Etna. In origine sotto questa figura vi era un camino che doveva ampliare l'effetto delle fiamme uscenti dalla bocca del Gigante. Tra le rocce si muovono numerose scimmie. La presenza di questi animali tra i Giganti è da attribuirsi ad un errore di traduzione delle Metamorfosi di Ovidio, fonte principale di questo racconto (Guthmuller). Al tempo dei lavori alla villa si conoscevano le versioni in volgare delle Metamorfosi redatte da Nicolò degli Agostini e da Giovanni Bonsignori. Si ritiene che là dove Ovidio scrisse scire e sanguine natos (I 163) [dovresti sapere che (i giganti) sono nati dal sangue], entrambi i traduttori abbiano letto (o possedevano un testo corrotto) simiae [le scimmie sono nate dal sangue (dei giganti)] (Signorini 2001). Questi animali erano pertanto considerati creature infernali generate dal sangue dei Giganti. Agli angoli della stanza sono state raffigurate le personificazioni dei quattro venti, che contribuiscono ad aumentare il caos durante la repressione dei ribelli e contemporaneamente rassicurano il visitatore, in quanto palesano la simulazione di questa catastrofe da camera. L'attuale pavimentazione è stata realizzata dall'architetto Pozzo alla fine del '700 ed ha sostituito quella originale in cocci, che aveva il merito di creare una continuità spaziale con le rocce dipinte sulle pareti.
Il mito dei Giganti ribelli annientati da Giove è un racconto che facilmente può essere letto in chiave politica: in Giove si può identificare l'imperatore Carlo V mentre i Giganti vinti possono simboleggiare i principi italiani ribellatisi all'Impero. Alcuni elementi hanno però significato ambivalente: l'Olimpo, il fulmine e l'aquila oltre ad essere attributi di Giove sono anche imprese gonzaghesche. Giove vincitore è quindi metafora del potere imperiale in cui i Gonzaga identificano la propria fortuna.
Da notare è un particolare artificio acustico per cui bisbigliando in un angolo della sala si può comunicare con chi sta nell'angolo opposto. Giulio Romano esprime in questa camera un'altissima capacità inventiva e si pone alle frontiere della ricerca figurativa dell'epoca. La lezione di Raffaello è ancora presente, nell'accezione delle ultime Stanze vaticane, ma evolve accogliendo per quanto possibile anche l'esempio possente della volta michelangiolesca della Sistina e, nel divincolarsi inane dei giganti oppressi dalla materia, sembra evocare la memoria dei Prigioni ora a Parigi, al Louvre. L'esplosione di tanta energia, sorretta da grandiose figurazioni, di una "terribilità" innegabile seppure spinte al grottesco, precorre la drammatica composizione michelangiolesca del Giudizio Universale (Bazzotto 2004).
Durante gli anni che vanno dal Sacco di Mantova (1630) alla guerra di Successione Polacca (1733-35) all'interno di Palazzo Te stanziarono diverse truppe di soldati che danneggiarono gli affreschi incidendo il proprio nome. Tali graffiti sono stati conservati in quanto testimonianze storiche.
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/opere-arte/schede/MN020-00073/
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