Sala di Manto

Costa, Lorenzo (attribuito); Bertani, Giovanni Battista; Iacopo d'Ughetto

Sala di Manto

Descrizione

Identificazione: Leggenda della fondazione di Mantova ed edificazione dei principali edifici pubblici

Autore: Costa, Lorenzo (attribuito) (1537-1583), pittore; Bertani, Giovanni Battista (1516 ca.-1576), architetto e ideatore progetto decorativo; Iacopo d'Ughetto (attivo sec. XVI seconda metà), stuccatore

Cronologia: 1572 - 1580

Tipologia: pertinenze decorative

Materia e tecnica: intonaco / pittura a olio; stucco

Descrizione: La Sala costituisce il fastoso ingresso all'Appartamento Grande di Castello. Lo spazio risultò dalla fusione di diversi ambienti, unificati dalla costruzione del soffitto a profondi cassettoni quadrati. Le decorazioni murali, realzzati con delicata tecnica a olio su muro, sono inquadrati da lesene e pannelli di stucco. La Sala di Manto, come dice il nome stesso, è dedicata principalmente alla celebrazione della mitica fondatrice della città.

Notizie storico-critiche: La Sala di Manto costituisce il fastoso ingresso all'Appartamento Grande di Castello, sistemato dal prefetto delle fabbriche Bertani e dai suoi successori tra il 1572 e il 1580 per il duca Guglielmo. L'Appartamento, indicato nelle carte gonzaghesche come "stanze nuove", è situato tra l'Appartamento di Troia e la rocca medievale, e ingloba strutture precedenti; si compone tuttavia anche di un nuovo edificio che chiude il Cortile dei Cani. La nuova fabbrica fu difesa dalle acque del lago da un baluardo, costruito nel 1573, disposto un tempo a giardino, e ora attraversato dal lungolago. Cedute presto da Guglielmo al principe Vincenzo, le monumentali stanze nuove furono sede delle più importanti feste di corte: nel 1574 vi fu ricevuto il re di Francia Enrico II; nel 1584 vi si celebrò il matrimonio di Vincenzo ed Eleonore de' Medici; nel 1608 quello di Francesco IV e Margherita di Savoia. Le sale furono purtroppo teatro del saccheggio degli Alemanni che penetrarono nel palazzo proprio dalla porta del Baluardo, percorrendo il Volto Scuro, il passaggio sottostante l'appartamento, che sbocca nella piazzetta di S. Barbara. I cortei principeschi arrivavano alla sala di Manto non dalla camera dei Cavalli, ma dallo scalone, che con lenta salita scavalcava la fossa del castello; esso venne riparato da muri fatti costruire dal Bertani nel 1575. La Sala era sorvegliata dal corpo di guardia degli Alabardieri tedeschi e, nel Seicento, era nota come Sala dei Tedeschi. La Sala risultò dalla fusione di diversi ambienti, unificati dalla costruzione, nel 1572, del soffitto a profondi cassettoni quadrati. Nel 1574 si cercarono pittori a Venezia cui affidare le decorazioni murali, ma si preferì poi Lorenzo Costa il giovane, al quale si attribuiscono gli otto grandi e danneggiati riquadri, realzzati con delicata tecnica a olio su muro. I dipinti sono inquadrati da lesene e pannelli di stucco, per i quali nel 1576 reclamava il pagamento lo stuccatore modenese Iacopo d'Ughetto (BERZAGHI 1992, pp. 64-65 ).
Lo scalone coperto, già detto di Enea, semplicemente decorato a finti marmi, itroduce alla austera solennità della SaIa Grande, con il ciclo di dipinti erroneamente interpretati nella letteratura ottocentesca come storie di Enea. Gli ampi riquadri dipinti a olio su intonaco si ispirano invece alle antiche leggende sull'origine della città fondata da Manto, tramandata da Virgilio e accolte, sia pure con varianti, da Dante, e a episodi della tradizione medioevale divulgati nella favolosa Cronica di Mantova di Bonamente Aliprandi, ma riportati anche dalla storiografia umanistica, nell'Histotia urbis Mantuae di Bartolomeo Sacchi detto il Platina e nella Chronica de Mantua di Mario Equicola. L'Edificazione di Mantova doveva sembrare un tema particolarmente appropriato per una sala destinata alle cerimonie ufficiali dello stato. A partire dalla parete orientale si leggono in senso orario tre scene relative al mito, l'Approdo di Manto, il Convito di Manto e Ocno fonda la città; seguono in tre riquadri l'erezione delle porte urbane (Leona, Pradella, Mulina) e due scomparti conclusivi mal conservati e di difficile interpretazione. Il racconto continuava idealmente nelle stanze seguenti, dedicate alle gesta di casa Gonzaga (BERZAGHI 2003, pp. 232-233).
Il mito della fondazione della città di Mantova è riportato nell'Eneide di Virgilio. La storia è legata alle vicende della profetessa Manto, che la tradizione greca vuole figlia dell'indovino tebano Tiresia. Manto, fuggita da Tebe, dopo lungo errare si fermò nel territorio, allora completamente palustre, che oggi ospita la città. Ocno, il figlio di Mnato e di Tiberino, personificazione del fiume Tevere, avrebbe fondato una città sulle sponde del fiume Mincio chiamandola, in onore della madre, Mantua. Nella parete est della Sala - non a caso quella rivolta verso il lago - è evocato lo sbarco della profetessa tebana con il suo seguito, sotto lo sguardo stupito della personificazione del fiume Mincio. Manto è qui ben diversa dallÂ'indovina dannata di Dante: preceduta da una schiera di soldati, tangibile testimonianza del suo potere e delle sue doti di leader; vestita di un lussuoso abito verde, la cui coda è retta da una volenterosa damigella; il capo coperto e le braccia aperte ad indicare con fiducia la vastità della terra che le si apriva davanti, ella appare come una vera sovrana piuttosto che come una fuggiasca o una pericolosa fattucchiera. La scena successiva rappresenta Manto nelle vesti di abile diplomatica, capace di tessere pacifiche e fruttifere relazioni. In un contesto ancora totalmente naturale, privo di evidenti segni di colonizzazione, la si vede intrattenere un gruppo di uomini intorno ad un tavolo imbandito. Sono questi i rappresentanti delle popolazioni vicine, ai quali ella chiederà aiuto per costruire la nuova città. Nella terza scena compare anche Ocno, suo figlio, mentre sovrintende alla costruzione delle mura cittadine (FURLOTTI 2010, pp. 147-149)

Collocazione

Mantova (MN), Museo di Palazzo Ducale

Credits

Compilazione: Massari, Francesca (2014)

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