San Giorgio e il drago
ambito lombardo
Descrizione
Ambito culturale: ambito lombardo
Cronologia: post 1100 - ante 1149
Tipologia: pertinenze decorative
Materia e tecnica: pietra / mosaico; pasta vitrea; malta
Misure: 302 cm x 20 cm x 74 cm
Descrizione: Mosaico pavimentale policromo con figurazioni e iscrizioni didascaliche. Le figure sono distribuite armonicamente all'interno di una griglia strutturale costituita da una duplice cornice rettangolare di ascendenza classica (quella interna resa con pietre romboidali e a fiore a fingere l'incastonatura di gemme e smalti). Nel campo centrale, diviso in quadrati, sono rappresentati un cavaliere (S. Giorgio) armato di lancia, su di un destriero nero, trafigge un drago alato, accovacciato nello stagno, che sputa fuoco dalle fauci, con coda dalle grandi spire e terminazione anguiforme. A sinistra un castello turrito, sormontato da una piccola testina femminile (la principessa salvata dal cavaliere). Nel registro sottostante si fronteggiano una pantera-leopardo, mansueta accasciata e una chimera resa di profilo, dalle fauci spalancate a sputare fuoco. Nel bordo esterno, a destra, due iene rampanti (simbolo di doppiezza) e una volpe che si volge indietro di scatto. Superiormente una ricca bordura con cinque clipei affiancati, entro riquadri, con stella-fiore a dodici o sei punte e una fiera nera rampante, affiancata da un albero stilizzato con vistose radici.
Notizie storico-critiche: Nella absidiola destra, davanti all'altare di S.Rita, si conserva un prezioso lacerto di mosaico pavimentale romanico della prima metà del XII secolo. L'abside attuale di restauro, ricostruita sulla base delle fondazioni ritrovate a ridosso del muro del campanile (nel 1884-1886 inizia il ripristino della nave minore destra mancante), nel XVII sec. ospitava l'altare della famiglia Fiamberti. Il frammento di tassellato lapideo, figurato e policromo, è ritrovato nel 1885 in occasione dei restauri avviati dal Genio Civile, occultato sotto la nuova stesura pavimentale, a circa 28 cm sotto la quota del nuovo pavimento.
Camillo Brambilla nei suoi due testi del 1886 pubblica un disegno acquerellato che rivela lo stato del mosaico al momento del ritrovamento nel 1885 e che egli ritiene in origine collocato in altra posizione, mettendo in discussione la collocazione originaria del manufatto. E' molto probabile che il frammento abbia invece mantenuto la collocazione in situ originaria, a conferma di ciò le malte dello strato preparatorio non presentano segni di aggiustamenti, ad esclusione dell'angolo in basso a destra, in prossimità della piccola volpe, dove i tasselli sembrano disposti alla rovescia, dovuto ad un probabile intervento di restauro.In tutte le maggiori chiese romaniche pavesi è documentata la presenza di litostrati pavimentali, confermando quanto riporta Opicino de Canistris nel "Liber de Laudibus Civitatis Ticinensis" intorno al 1330: "più chiese hanno pavimento a mosaico istoriato con figure e lettere in diversi colori".Il mosaico pavimentale a figurazioni con iscrizioni didascaliche, policromo, realizzato in tre varietà di bianco, due tonalità di rosso (uno vivo e uno scuro), nero, grigio scuro e grigio verde. Il fondo del litostrato è prevalentemente bianco, mentre i contorni delle figure risultano profilate da "una sottile linea di cubetti neri" come lo descrive Brambilla, con l'aggiunta di altri colori. Sovente nel Medioevo i mosaici pavimentali erano concepiti come una traduzione in pietra di preziosi tappeti rotolati sui pavimenti, evidenti nel pavimento musivo pavese i rimandi alle modalità decorative di tessuti di importazione. La fascia con clipei contenenti fiori a stella a sei-dodici petali deriva dall'arte romana, puntuale è il confronto con una porzione di mosaico del I sec. a.C. detto "della fullonica di via XX settembre" nel Museo Archeologico di Cagliari, con quattro fiori a sei petali entro clipei, motivo semplice che sembra senza tempo. I clipei sono intervallati al centro da una cesura rettangolare che ricorda quella con l'albero del mosaico pavese. Puntuale il confronto, per la continuità di alcuni motivi decorativi antichi, anche con i mosaici frammentari di Gazzo Veronese, dell'età di Liutprando e con quelli nella cattedrale di Reggio Emilia. Affinità tecniche e stilistiche si ravvisano con i celebri litostrati dell'abbazia di Ganagobie.Il clipeo con il felino accovacciato, risente l'influenza della cultura orientale bizantina, frequente nei manufatti romanici, come nel mosaico pavimentale dell'Abbazia di Pomposa del 1026, con leone, volpe e drago alato entro girali vegetali. Un'altra corrispondenza si ravvisa con la "Tappezzeria della regina Matilde a Bayeux" , derivata da tessuti orientaleggianti, splendida fascia di tessuto liturgico bianco ricamato a colori, dell'ultimo quarto del secolo XI, che presenta nei due orli superiore e inferiore, il dettaglio delle fascette verticali, parallele o oblique che ritmano e raccordano i diversi elementi inframezzati da alberelli, appaiono molto vicine all'espediente dei laccetti policromi che legano i riquadri nel mosaico pavese. Il Medioevo rappresenta la "vera civiltà per immagini": le immagini venivano utilizzate come strumento di comunicazione di storie e di concetti, di alfabetizzazione. I mosaici romanici non rivestivano solo un ideale estetico, anzi, già dalle prime chiese bizantine, sino a quelle romaniche, l'iconografia doveva rispondere ad una esigenza di catechesi. del resto le stesse figurazioni di animali o mostri nel Medioevo che sottendono un discorso simbolico-didascalico, rimandano ad un più complesso significato teologico. La scelta dei temi nei pavimenti musivi nelle chiese "partecipa alla rappresentazione dell'universo creato, al di sopra del quale si erge la Gerusalemme celeste, la chiesa materiale". Le diverse figurazioni di animali sono derivate dai Bestiari e dalle immagini presenti nei codici enciclopedici custoditi nelle ricche biblioteche monastiche: la pantera-leopardo, la chimera (rappresentata secondo l'iconografia classica con una protome leonina, testa di capra sporgente dal dorso e coda anguiforme), il drago, al pari degli animali più o meno mostruosi scolpiti sui capitelli in pietra, sono evidentemente tratti dai repertori miniati dei Bestiari altomedioevali e romanici, per simboleggiare vizi e virtù, elementi della natura e la battaglia contro il male.
Collocazione
Pavia (PV), Basilica di S. Pietro in Ciel d'Oro
Credits
Compilazione: Manara, Roberta (2014)
Aggiornamento: ()
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/opere-arte/schede/PV300-00012/
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