Storie di S. Agnese
Maestro delle Storie di Sant'Agnese
Descrizione
Autore: Maestro delle Storie di Sant'Agnese (attivo a Pavia 1506 - 1530 circa), esecutore
Ambito culturale: scuola lombarda
Cronologia: ca. 1515
Tipologia: pittura
Materia e tecnica: intonaco / pittura a fresco
Misure: 170 cm x 200 cm
Descrizione: Ciclo con le storie della vita e dei miracoli di S. Agnese. Il racconto ha inizio dai due riquadri dipinti sopra l'abside minore, per continuare sulla parete meridionale del transetto articolata in sei quadri disposti su due registri, di cui tre accompagnati da didascalie: Il figlio del Prefetto si innamora della giovane nobile romana Agnese, le offre gioielli, ma lei lo respinge; Il prefetto conosciuta la causa dell'infermità del figlio vuole che Agnese lo sposi; Agnese rifiuta il sacrifico alla dea Vesta e fa crollare un idolo; è portata in un luogo pubblico per essere linciata; spogliata, viene miracolosamente avvolta da un mantello da un angelo; Il figlio del prefetto nel tentativo di insultare Agnese, è soffocato dal diavolo; il giovane è a terra morto; il figlio del prefetto è resuscitato da Agnese; Agnese è condannata al martirio; Agnese esce illesa dal rogo, ma è pugnalata al collo. Le sei scene sulla parete sono scandite da eleganti paraste dipinte a candelabre su fondo giallo oro, che sorreggono un architrave ornato da finte cartelle marmoree con iscrizioni esplicative, un tempo ben leggibili, alternate a fauni, a riquadri scuri con bucrani e al viso di Cristo coronato di spine. Negli sfondi architetture di derivazione classica.
Notizie storico-critiche: A S. Agnese, vergine e martire, una delle prime sante cristiane, vissuta a Roma nel III secolo al tempo delle persecuzioni dell'imperatore Diocleziano, era intitolata la prima chiesa, già esistente nell' VIII secolo, in seguito dedicata a S.Teodoro. Gli affreschi rimangono quindi a testimonianza del culto, un tempo praticato, di questa Santa. La fonte iconografica utilizzata dall'anonimo frescante è la "Legenda Aurea" di Jacopo da Varagine, del XIII secolo.Il ciclo di alto livello, connotato da un'accurata esecuzione, perfezione formare, armonia dei colori e abilità nel disegno, ha avuto una notevole fortuna critica, oggetto di studio da parte di numerosi studiosi che si sono cimentati in attribuzioni talvolta contrastanti: dal Bramantino, a Bartolomeo Fasolo, a Bernardino Lanzani, ad un maestro di ambito ferrarese. Suida dopo averli ascritti al Bramantino, rivede la sua posizione assegnandoli ad un raffinato maestro vicino alla maniera di Bramantino, pensando addirittura ad un suo discepolo diretto. G. Romano vede nell'anonimo frescante uno dei più interessanti esempi dello sviluppo della cultura artistica lombarda in aree periferiche.Fanciulli Pezzini, su suggerimento di Arslan, è la prima a fare il nome del Maestro della Vita di S. Agnese, anonimo pittore dallo stile movimentato, poco lombardo, legato alla scuola ferrarese, con ricordi umbri, che "differisce dall'arte del Lanzani, fondamentalmente lombarda, anche se qua e là spruzzata da ricordi umbri ed emiliani". Il ciclo è oggi concordemente ascritto ad un anonimo pittore noto con il nome convenzionale "Maestro della Storie di S. Agnese", le cui prime opere conosciute mostrano riferimenti alla cultura romana, al classicismo del centro Italia, che si giustificherebbe con un viaggio nella città eterna negli anni tra il 1505 e il 1507. Albertario vi vede "un linguaggio che sembra attestare un rinnovato interesse per la cultura dell'Italia centrale, forse nota attraverso derivazioni periferiche". Nelle scene con le Storie di S.Agnese si riscontrano affinità, con i due riquadri affrescati sugli archi laterali del transetto nord, che fanno parte del ciclo con le vicende del Vescovo di Pavia S. Teodoro, del 1514 (data riportata sulla parete in ricordo del committente prevosto e protonotario apostolico Gio Luchino Corti). E' possibile pensare ad una medesima mano ed ad una stessa cronologia sia per i due riquadri che per il ciclo di S. Agnese, questi ultimi probabilmente commissionato dal Corti per ricordare la prima intitolazione della chiesa. Non è escluso quindi che immediatamente dopo l'esecuzione nel 1514 delle Storie di S. Teodoro, siano state realizzate, entro il 1515 quelle dedicate alla vita della Santa. L'autore rimane ignoto, tuttavia si avverte una certa rassomiglianza di elementi, di fisionomie e di tecnica pittorica "corrosiva con forti contrasti chiaroscurali" (Pellegrini) con le storie di S. Antonio Abate in S. Salvatore. Un esame comparativo dei due cicli evidenzia identità di modi e uno stretto legame: simili le lesene a grottesca su fondo giallo oro, le tabelle in marmo trompe l'oeil con iscrizioni, le nubi, i visi tondi, un po' inespressivi, con i lineamenti minuti e gli occhi cerchiati, che risaltano su colli taurini, le gambe tornite e muscolose, i crani virili calvi e con folta barba bianca. La tipologia dei visi femminili sembra essere la stessa, si raffrontino il viso della vergine affrescata al centro della volta della cappella in S. Salvatore con il volto di S. Agnese. Si differenziano solo negli sfondi: in S. Salvatore sono essenzialmente vedute paesaggistiche, mentre in S. Teodoro le citate architetture classiche. La presenza di un arco a tutto sesto aperto sul cielo, di un cornicione scanalato e di una sequenza di colonne a marmore ficto, denotano però palesi contati con gli affreschi di S Agnese. Le affinità culturali e stilistiche che legano i due cicli pittorici, conducono verso l'attribuzione di ambedue le storie affrescate ad un'unica personalità artistica al momento anonima, nota convenzionalmente con il nome di "Maestro delle Storie di S. Agnese", sensibile alla maniera del Bramantino e non estraneo a quella di Bernardino Lanzani da S. Colombano, forse un aiuto di quest'ultimo, sebbene al momento questa ipotesi non sia supportata da alcuna testimonianza documentaria. L'autore rimane ignoto, tuttavia si avverte una certa rassomiglianza di elementi, di fisionomie e di tecnica pittorica "corrosiva con forti contrasti chiaroscurali" (Pellegrini) con le storie di S. Antonio Abate in S. Salvatore. Un esame comparativo dei due cicli evidenzia identità di modi e uno stretto legame: simili le lesene a grottesca su fondo giallo oro, le tabelle in marmo trompe l'oeil con iscrizioni, le nubi, i visi tondi, un po' inespressivi, con i lineamenti minuti e gli occhi cerchiati, che risaltano su colli taurini, le gambe tornite e muscolose, i crani virili calvi e con folta barba bianca.
Collocazione
Pavia (PV), Chiesa di S. Teodoro
Credits
Compilazione: Manara, Roberta (2014)
Aggiornamento: ()
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/opere-arte/schede/PV300-00016/
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