Nivola
ambito lombardo
Descrizione
Identificazione: Nuvola con angeli e figure simboliche della Religione e della Patria
Ambito culturale: ambito lombardo
Cronologia: post 1671 - ante 1674
Tipologia: pertinenze decorative
Materia e tecnica: stucco / doratura; legno / doratura; legno / argentatura; ferro / battitura
Descrizione: Il catino absidale risulta completamente rivestito da un esuberante partito decorativo in stucco simulante una grotta raggiata con nubi dorate al centro della quale due angeli sorreggono una grande corona di spine; tutt'intorno cherubini e angeli svolazzanti, ai lati le due figure simboliche a tuttotondo della Religione e della Patria; corredato da motivi fitomorfi e clipei con gli Evangelisti ad affresco. Il catino è percorso da un'elegante ringhiera in ferro battuto di protezione. Una volta all'anno in occasione della solennità di Pentecoste, la complessa scenografia barocca è completata da una coreografica macchina lignea removibile, chiamata 'Nuvola' o col termine dialettale 'Nivola', azionata da un argano che cala e innalza il prezioso reliquiario argenteo con le Sacre Spine della corona di Gesù, custodito in questa parte alta del sacello, per esporlo sull'altar maggiore alla venerazione dei fedeli. E' costituita da una base con nubi argentate e testine di cherubini dorate, sulla quale poggiano quattro angioletti ceroferari e al centro due slanciati angeli dalle grandi ali che trattengono un drappo scolpito destinato a sorreggere il reliquiario con le S. Spine. La nuvola è sormontata da un semicerchio in ferro sul quale si innestano sei testine di cherubini in legno dorato.
Notizie storico-critiche: L'abside, che con la cripta risulta essere la parte più antica della Cattedrale, ospita dalla seconda metà del XVII secolo una coreografica scenografia barocca in stucco dorato, una sorta di grotta con nuvole, cherubini, angeli e le due figure simboliche della Religione e della Patria, che cela un prezioso tesoro: il reliquiario con le tre Sacre Spine della corona di Gesù (in realtà solo due perché una si biforca), la più grande ricchezza spirituale conservata in città. Nel 1671 il Capitolo della cattedrale fa richiesta al Municipio cittadino di un altare per poter accogliere la Sacra Reliquia che in seguito però si decide di posizionare, per ragioni di sicurezza, in un luogo più sicuro, in alto nel catino absidale sopra al cornicione del coro in un apposito sacello che domina il tempio e i fedeli, chiusa da una porta, oggi blindata, con tre serrature le cui chiavi sono custodite dal Capitolo della Cattedrale (proprietario), dal Vescovo e dal Sindaco del Comune di Pavia. Il 22 marzo 1674 il Consiglio Municipale pubblica l'asta col capitolato per l'esecuzione della ringhiera in ferro battuto detta "arringhiera" lunga 22 braccia, alta 22 once, che viene poi realizzata dal 'ferraio' milanese Carlo Francesco Rava e finita di pagare (L. 1494,15) nel 1679.Nella seconda metà del Seicento il pavese Cristoforo Pecchio (1620-1697), professore di matematica dell'Università di Pavia dal 1669 al 1697, progetta l'ingegnosa macchina barocca che ogni anno serve per calare lentamente la reliquia dall'alto del sacello, per rendere spettacolare e solenne la discesa nel coro la sera di Pentecoste, per poi risalire la sera del giorno successivo. La macchina viene però, secondo quanto riferisce don Ettore Facioli, modificata "negli ultimi tempi dal card. Pietro Maffi (1858-1931), quando era rettore e professore [di scienze matematiche] del Seminario" e continua "La nuvola che noi vediamo non è come in antico: manca la vera nuvola in rame, che è stata venduta insieme al baldacchino, da alcuni fieri cittadini della Repubblica Cisalpina... Si vendette la nuvola di rame: gli angeli secenteschi, scolpiti in legno, furono lasciati. Il nostro Luigi Bianchi, anima di artista, ha coperto il ferro, che recinge l'ostensorio della Reliquia, e che forse prima era nascosto dalla nuvola, con testine alate". L'intagliatore pavese è il padre del più celebre Romolo (Pavia, 1878-1961), noto scultore che collabora inizialmente con il padre nel laboratorio di intagliatore, autore della via Crucis e delle porte del Duomo. La notizia della vendita viene anche confermata dal. Soriga, direttore dei musei pavesi dal 1910 al 1939. Ancora in un "Inventario degli utensiglj ...ad uso della machina che o sia ordigno per far discendere et ascendere la Reliqua de le SS.me Spine" datato 30 luglio 1753 compare nella dotazione del Duomo anche una "nuvola" di legno argentato con intagliate teste di cherubini dorate.
Anche se da sempre le Sacre Spine sono oggetto di culto e venerazione, solo nel 1645 Il Vescovo di Pavia mons. Giovanni Battista Sfondrati, provvede a legare per testamento un nuovo prezioso reliquiario, l'attuale, in argento massiccio, oro, gemme preziose, sette diamanti e cristalli e a istituire il lunedì di Pentecoste una solenne processione cittadina, ottenendo da papa Innocenzo X l'indulgenza plenaria per la remissione di tutti i peccati, dando vita ad una tradizione liturgica e ad una devozione molto sentita in Pavia. Nel 1728 gli "ornamenti sul muro attorno alla custodia furono rinnovati e dorati di nuovo", quando il 28 giugno 1728 viene convocato l'ing. Gio. Antonio Veneroni per progettare la lanterna con cupolino che sovrasta e dà luce alla custodia delle Sacre Spine, in sostituzione della preesistente in legno e cotto. Nel 1853 il canonico Pietro Terenzio (1833-1881), arciprete della cattedrale di Pavia, indica la provenienza delle Sacre Spine pavesi, versione in seguito ripresa anche da Capsoni, Facioli e da Gianani.
Nel 1838 Robolini, diversamente dal Terenzio, sostiene che tutte e tre le spine provengono dal duca Gian Galeazzo Visconti e che la prima gli sarebbe stata regalata dal suocero Giovanni II, re di Francia, figlio di Filippo VI. La corona di Spine di Cristo che la tradizione vuole ritrovata a Gerusalemme sul Golgota da S. Elena, madre dell'imperatore Costantino, assieme agli strumenti della Passione del Signore, passano a Costantinopoli, sede dell'Impero romano d'Oriente, sino al 1204 quando il conte Baldovino di Fiandra, presa Bisanzio, si impossessa anche della corona di spine. Nel 1238 Baldovino II la cede a mercanti veneziani. Viene quindi acquistata per una considerevole somma di denaro dal pio re di Francia Luigi IX (ospitandola nel proprio palazzo finché non fu terminata la Sainte-Chapelle, da lui fatta costruire appositamente per conservarla e inaugurata solennemente nel 1248). Le spine di Pavia, come la maggior parte, appartiene alla specie botanica della Zizyphu, piccolo ramoscello che cresceva lungo la via Dolorosa.
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