Le Muse
Bramantino (attribuito)
Descrizione
Autore: Bramantino (attribuito) (1455 ca. - 1536 ante), esecutore
Ambito culturale: ambito lombardo
Cronologia: post 1502 - ante 1503
Tipologia: pittura
Materia e tecnica: intonaco / pittura a fresco
Descrizione: La porzione alta delle pareti dello studiolo è scandita da una sequenza di lesene trompe l'oeil, in marmo bianco vivacizzato da motivi decorativi fitomorfi in forma di lira, culminanti in capitelli. Entro la partitura architettonica all'antica delle paraste, profilata da una cornice porpora a simulare il profido, si inseriscono le Muse, a figura intera, sedute in trono, identificate dal nome iscritto sopra il capo, campeggiano sullo sfondo di un cielo argenteo e di una città con architetture dalle linee essenziali (lacerti). Nella trabeazione un distico celebrativo accompagna le figure. Si riconoscono: Erato, identificata dall'iscrizione "Erathon", musa della lirica corale, con la lira; Euterpe, gravemente lacunosa, identificata dalla scritta, dea della poesia e dei flautisti, con uno strumento musicale simile a una zampogna e il loggiato di una villa come sfondo; Talia, musa della commedia, ridotta al solo busto, con uno strumento musicale a fiato, un edificio senza finestre come sfondo e un volume ; Melpomene, musa della Tragedia, si conserva solo il busto ammantato di nero e il volto avvolto in bende bianche; Urania, l'Astronomia e la Geometria, con un ampio abito bianco e un bastone puntato al cielo; tre muse non identificate e uno sfondo architettonico completano il ciclo.
Notizie storico-critiche: Le Muse "solidamente impiantate", sedute entro la sequenza architettonica dipinta, sono sormontate da un architrave a tre fasce, concluso da un alto fregio decorato da stemmi coronati: uno scudo con una nappa entro tre 'X' e uno con bande a sinistra e una parte abrasa sulla destra; sull'intradosso dell'unica finestra originale, coeva agli affreschi, un altro stemma con conchiglia entro finte incorniciature a stucco. Si tratta di stemmi non riconducibili a nessun casato (Dal Verme, Sforza, Sanseverino) legato al feudo di Voghera, che quindi non sono d'aiuto per risalire alla committenza. Tra le numerose imprese di Ludovico di Lussemburgo, conte di Ligny, che ottenne il feudo nel 1499, dopo la caduta del ducato sforzesco, una presenta una "X" al centro dello scudo, uno reca tre rombi, altri un animale rampante. Il conte di Ligny, fu il solo feudatario di Voghera ad avere documentati nel 1503 rapporti di committenza artistica con Bramantino.
Ductus, stile e modelli compositivi del ciclo affrescato, lungo il perimetro dello studiolo, rimandano, infatti, al più grande artista lombardo del Rinascimento, Bartolomeo Suardi, detto il Bramantino, maestro bergamasco documentato dal 1480 e morto nel 1530, che deve il suo soprannome al rapporto con Donato Bramante, pittore e architetto marchigiano alla corte di Ludovico il Moro.
Emersi dal recente restauro dell'intero complesso architettonico denunciano eleganza formale e notevole qualità pittorica.
La partitura architettonica della sala, scandita da una sequenza di lesene, rimanda ai due modelli canonici del Suardi, Bramante e Mantegna, in particolare agli "Uomini d'arme" già in palazzo Visconti Panigarola (oggi a Brera) e alla "camera picta" nella torre nord est del castello di San Giorgio a Mantova. Luisa Giordano precisa "Il rapporto tra l'ordine architettonico e la serie di aperture introdotte negli interassi chiarisce che il pittore non ha voluto raffigurare un loggiato, come Mantegna nell Camera degli Sposi, e neppure un ambiente totalmente chiuso e illusivo come la sala che ospita gli 'Uomini d'arme'. Bramantino ha voluto rappresentare un interno con aperture a piattabanda molto alte rispetto al piano pavimentale, un ambiente all'antica che è emblematico di un'idea di classicismo, sostanziato di studi antiquariali". L'uso del decoro all'antica, con marmi preziosi trompe l'oeil e la veduta della città per Binaghi Olivari "sembrano evocare la sala di un palazzo imperiale romano".
La studiosa sottolinea anche una congruenza stilistica tra le Muse vogheresi e gli arazzi Trivulzio, tessuti entro il 1509 a Vigevano, su disegni che Bramantino poteva aver fornito anni prima. Per Mauro Natale l'artista nel ciclo vogherese ha "ridotto all'essenziale i riferimenti eruditi all'antichità" sottolineando che qui "assumono un ruolo eminente le epurate vedute urbane che Bramantino costruisce con edifici disadorni, ridotti a semplici forme gemetriche alle quali il pittore rimarrà fedeleper tutto il resto della sua carriera".
Un altro punto di contatto si avverte con le statue marmoree delle Muse, sedute e con ampi panneggi, scoperte nella Villa Adriana di Tivoli sotto il pontificato di Alessandro VI (1497-1503).
Verosimilmente il rapporto più puntuale per la struttura narrativa degli affreschi di Voghera può essere offerto anche dal ciclo delle Muse nella Villa della Magliana, vicina a Roma (ora al Museo di Roma), del 1510 ca., attribuito a Perugino o più opportunamente a Gerino da Pistoia: in ambedue i cicli di analogo soggetto le Muse si affacciano da una sequenza di lesene all'antica, aperta però su ariosi paesaggi pieni di luce. Ma l'archetipo di questo soggetto è rappresentato dalle Muse, 1480-1490 già nel "Tempietto" di palazzo Ducale ad Urbino di Giovanni Santi (Colbordolo, ante 1439- Urbino 1494).
Scheda completa SIRBeC (formato PDF)
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