Conchiglia
ambito dei Paesi Bassi
Descrizione
Denominazione: Conchiglia di Nautilus pompilius
Ambito culturale: ambito dei Paesi Bassi
Cronologia: post 1640 - ante 1660
Tipologia: oreficeria
Materia e tecnica: conchiglia di Nautilus pompilius / traforo, incisione; argento
Misure: 18.5 x 13.3
Descrizione: Lo strato esterno della superficie della conchiglia, opaco e striato, è stato selettivamente rimosso per creare racemi fitomorfi che delimitano campiture dal biancore madreperlaceo e traslucido su cui sono rappresentati personaggi incisi e rilevati con inchiostro, tratti dalle stampe di Jacques Callot, insieme a insetti, ragni e altre invenzioni. La spirale è tagliata in corrispondenza dell'apertura della conchiglia, mettendo in evidenza i setti interni, mirabilmente intagliati e incisi, su cui è applicato un piccolo scudo d'argento; il bordo della sezione è rifinito con una fascia d'argento incisa a bulino, dotata di fori e rosette per il passaggio della corda utilizzata per appendere ed esporre l'oggetto. L'intaglio a giorno dei setti interni della spirale si presta naturalmente alla rappresentazione di un elmo con la celata abbassata, creando l'alloggiamento ideale per elementi decorativi di tipo araldico: uno scudo d'argento con fascia appoggiato all'aquila bicipite e sormontato da una corona principesca a gigli e fioroni. L'aquila è ricavata da un setto del Nautilus nonché incisa e rilevata in inchiostro; la corona è riportata a bulino sulla montatura d'argento.
Notizie storico-critiche: Le caratteristiche naturali della conchiglia di Nautilus pompilius sono qui impiegate con maestria per ottenere un manufatto di grande complessità esecutiva e raffinata eleganza. I personaggi di Callot rappresentati sulla conchiglia sono liberamente ripresi dalle incisioni della serie Balli di Sfessania (1621-22): in particolare su un lato si trovano Taglia Cantoni e Gian Farina che duellano, sull'altro si fronteggiano Franca Trippa e Capitan Zerbino. L'intaglio a giorno dei setti interni della spirale si presta naturalmente alla rappresentazione di un elmo con la celata abbassata, creando l'alloggiamento ideale per elementi decorativi di tipo araldico: uno scudo d'argento con fascia appoggiato all'aquila bicipite e sormontato da una corona principesca a gigli e fioroni. L'aquila è ricavata da un setto del Nautilus nonché incisa e rilevata in inchiostro; la corona è riportata a bulino sulla montatura d'argento. La presenza di api, farfalle, mosche, libellule e ragni costituisce un ulteriore richiamo al mondo naturale, a cui gli stessi personaggi di Callot non sono del tutto estranei con la loro fisionomia grottesca che ricorda mostruosi e giganteschi insetti. Le rimanenti figure sono riprese da altre serie dello stesso autore, riconducibili al 1635. In merito all'insegna araldica, l'ipotesi più suggestiva è che si tratti dello stemma di un imperatore del Sacro Romano Impero della casa d'Asburgo, forse Ferdinando III d'Asburgo(1637-1657). Nel 1968 van Seters ha proposto l'identificazione dello stemma con quello della città olandese di Groningen. Nel suo stato attuale lo scudo applicato al centro del setto non contiene indicazioni valide sui colori araldici, forse originariamente realizzati a smalto e poi andati perduti. La presenza di un elemento araldico esterno come una corona dei principi del sangue costituisce un'altra apparente incongruenza; probabilmente si tratta di un'aggiunta posteriore e quindi riconducibile a un successivo proprietario. La conchiglia compare in una tavola dell'album fotografico degli oggetti presenti all'Esposizione storica d'arte industriale in Milano del 1874; nel catalogo delle fotografie dell'esposizione, edito nel 1875, è riportata la dicitura "Conchiglia incisa e guernita in argento. - Secolo XVI. - Al vero. (P. Poldi Pezzoli nob. G.G.)", mentre nel catalogo dell'esposizione del 1874 è presente, nella sezione delle oreficerie, una "Conchiglia scolpita - secolo XVI Trotti Me Lodovico". È quindi possibile che l'oggetto sia entrato nella collezione di Poldi Pezzoli subito dopo l'esposizione del 1874, sebbene non si trovi una voce specifica relativa a tale acquisizione nel Libro dei conti del nobiluomo per gli anni 1874 e 1875. Il valore dell'oggetto indicato nell'inventario successivo alla morte di Gian Giacomo Poldi Pezzoli (1879) è di lire 500. Forse l'interesse di Poldi Pezzoli per questo singolare oggetto è anche da ricondursi alla presenza nella collezione di Manfredo Settala di numerose conchiglie di Nautilus, tuttora conservate presso la Pinacoteca Ambrosiana, alcune montate su piedistalli, altre libere da sovrastrutture metalliche, di lavorazione italiana, europea o orientale; in quasi tutti i casi le conchiglie recano interventi decorativi volti a esaltarne le caratteristiche naturali (la peculiare forma, il contrasto tra l'opacità e l'iridescenza delle superfici, lo sviluppo progressivo della spirale) e a sfruttare le possibilità compositive offerte dall'intaglio dei setti. La fascinazione per il Nautilus pompilius a partire dalla fine del XVI secolo è anche da attribuirsi alla scoperta che la crescita della sua spirale è regolata da una precisa legge matematica, quella progressione logaritmica definita in seguito dal matematico svizzero Jacob Bernoulli Spira mirabilis. Van Veters (1968) accosta quest'opera ad altre tre conchiglie di Nautilus. Con la fondazione della Compagnia olandese delle Indie orientali all'inizio del Seicento le conchiglie di Nautilus pompilius trovarono nei porti olandesi un punto d'accesso al mercato europeo; in particolare ad Amsterdam la bottega dei Bellekin si specializzò nella decorazione di conchiglie di Nautilus con scene di genere ed elementi naturalistici. Nel catalogo del Museo Poldi Pezzoli del 1981 la conchiglia, priva di marchi o iscrizioni, viene assegnata all'incisore di madreperla Cornelius Bellekin, seguendo l'ipotesi suggerita da Lipinsky nel 1977; nel 1968 van Veters propose, insieme a quello di Bellekin e comunque in forma dubitativa, il nome dell'incisore boemo Wenzel Hollar, presente ad Anversa e nei Paesi Bassi tra gli anni quaranta e cinquanta del XVII secolo, autore di una serie di vedute di città olandesi, tra cui quella di Kampen. Mette, nel 1995, dubbioso sull'attribuzione a Bellekin è propenso ad assegnarlo, sulla base del repertorio decorativo callottiano, agli anni quaranta e cinqunata del XVII secolo. (Bosio, 2013)
Collezione: Collezioni d'arte del Museo Poldi Pezzoli
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