Apostolo o Profeta che indica un libro aperto

ambito lombardo

Apostolo o Profeta che indica un libro aperto

Descrizione

Ambito culturale: ambito lombardo

Cronologia: post 1400 - ante 1450

Tipologia: scultura

Materia e tecnica: marmo / scultura

Misure: 30 cm x 27 cm x 90 cm

Descrizione: La statuetta rappresenta un uomo di giovane aspetto. Il volto è leggermente ruotato verso sinistra rispetto al corpo. La figura è mantellata fino ai piedi che non sono visibili. Nella mano destra sostiene un libro aperto rivolto verso lo spettatore, con il dito indice della mano sinistra indica le pagine del libro. Il ginocchio destro è leggermente piegato. I panneggi sono ampi ed arrotondati.
Sul retro: pur essendo già definita la soluzione formale, anche se non troppo verosimile anatomicamente nella parte alta del dorso, la superficie non è levigata ma presenta i segni dello scalpello e/o della gradina tenuta ad angolo ampio rispetto ad essa (solchi brevi quasi incisioni a punta ma a distanza fissa) al centro del busto è inserito, in un piccolo alloggiamento, saldato al marmo con piombo, il gancio d'ancoraggio in ferro, a sezione quadrata, al quale manca l'anella terminale.

Notizie storico-critiche: Statuetta proveniente dal pilone n 88 e discesa per la mostra Arte Lombarda dai Visconti agli Sforza nel 1958, in occasione di questo evento il Russoli la attribuisce alla scuola renana, come il Mele (1960). Attribuita dalla Bossaglia alla stessa mano delle statuette Cin. 58 e Cin 59, assegnandole con dubbio all'ambito francese e datandole a cavallo tra il XIV e il XV secolo. Innegabile è la stessa matrice di bottega riguardo a questa cerchia di tre opere. Sono collocate nella seconda metà del 1400 dalla studiosa Elisabetta Bianchi nel suo contributo uscito nel 2003 su Prospettiva. La Bianchi avanza un'attribuzione a Cristoforo Luvoni sulla base di confronti stilistici con la sua unica opera certa: il monumento funebre Birago, conservato nel transetto della chiesa di San Marco a Milano, eseguito nel 1455. Inoltre in un suo successivo saggio pubblicato nel 2005 su Proporzioni cerca di ricostruire, sempre su basi stilistiche, una sorta di catalogo di opere ascrivibili al Luvoni, chiamando in causa una serie di statuette (che lei asserisce essere conservate in Museo e in Arcivescovado, sono invece, tutte tranne 2 fig. 53, fig. 54, fig., ritornate sui piloni) che a volte paiono assomigliare a questa stessa bottega del Maestro delle statuette E, a volte appaiono di diversa mano. In questo elenco, sono identificabili tra diverse mani, due influenze artistiche: la matrice stilistica proveniente dalle maestranze comacine presenti in Fabbrica nei primi anni del 1400 e quella di Jacopino. La tipologia di stilemi fisiognomici e grafici come la resa dei capelli e della barba estremamente distintiva, la bocca piccola e carnosa, si può ritrovare per esempio in una scultura risalente alla metà del XIV secolo presso la chiesa di Sant'Antonio Abate di Cantù (vedi Zagstrow, 1989, pp. 41-42). I maestri comacini, giunti a Milano attirati dal grande cantiere, si sono evoluti rispetto ai loro conterranei, per il contatto con la scultura Jacopinesca, soprattutto riguardo alla resa morbida dei panneggi, ricchi di riccioli e anse. A dimostrazione del fatto che la capigliatura così scavata e avviluppata, sia uno stilema che si sviluppò nella scultura dell'epoca, basti guardare gli apostoli dei Maestri Campionesi, provenienti da Santa Maria Maggiore, ora conservati in Duomo. Le attribuzioni della Bianchi sono dettate dall'individuazione di alcuni stilemi della scultura del Luvoni che, avendo avuto contatto diretto con la Fabbrica, sembra avere assorbito, tra cui le caratteristiche Jacopinesche. Essendo Jacopino filofrancesce si giustifica dunque la prudente attribuzione della Bossaglia all'ambito della scuola francese. La convivenza di diverse matrici stilistiche in queste opere del maestro delle statuette E è sintomatico dell'ambiente culturale in cui nascono: dagli albori di un cantiere internazionale, dove convivevano strettamente artisti provenienti da diverse località e che dovevano lavorare su modelli disegnati come per esempio quelli di Giovannino de Grassi. L'impostazione fisiognomica individuata dalla Bianchi negli angeli reggicero del monumento Birago e direttamente confrontata con le statuette, che sembrano somigliare alle caratteristiche di questo ambito sono imputabili per la caratterizzazione dei volti alla provenienza del Luvoni, cioè da Seregno, in prossimità del territorio in cui operarono i maestri comacini e dal suo contatto con gli stessi presso la Fabbrica.
Queste contestualizzazioni sono dedotte dal clima culturale presente in Fabbrica nella prima metà del 1400, che cambia rotta decisamente già verso la metà del secolo, con l'arrivo dell'Amadeo. E' quindi difficile far risalire la datazione di queste statuette nella seconda metà del 1400. E' più plausibile che, le somiglianze riscontrate dalla Bianchi, siano da rivedere in senso opposto: fu il Luvoni ad assorbire questi particolari stilemi e a riproporli nel monumento funebre Birago, datato 1445. Si propone dunque,per queste statuette una datazione che rientra abbondantemente nella prima metà del XV secolo. La questione rimarrà comunque sempre aperta fino a che non verranno rinvenuti documenti che possano dipanare inconfutabilmente la questione. Dato che di questo periodo se ne sono conservati un esiguo numero, si auspica una ricognizione fotografica delle statue dei capitelli dei piloni per una più completa definizione dei percorsi degli stilemi artistici della prima metà del '400.

Collocazione

Milano (MI), Veneranda Fabbrica del Duomo. Museo del Duomo

Credits

Compilazione: Anselmi, Camilla (2010)

  Scheda completa SIRBeC (formato PDF)

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