Giove
Gambara, Lattanzio; Girolamo Romanino
Descrizione
Autore: Gambara, Lattanzio (1530 (?)-1574), pittore; Girolamo Romanino (1484/1487-1560 (?)), pittore
Cronologia: post 1550 - ante 1555
Tipologia: pittura
Materia e tecnica: intonaco / pittura a fresco
Descrizione: La decorazione pittorica, nel suo insieme, si estende sulla volta della sala a partire dall'imposta segnata da una cornice architravata, sagomata ed aggettante. Si sviluppa nelle lunette con le figure di divinità romane stanti affiancate dagli attributi che le qualificano e continua nell'intradosso della volta suddiviso in quattro grandi ovati contenenti le personificazioni delle stagioni; a completare l'insieme ci sono mascheroni con fattezze femminili, maschili e animali e teorie di putti con festoni floreali.
Notizie storico-critiche: La decorazione pittorica dell'ala cinquecentesca di Palazzo Averoldi costituisce uno dei punti nodali della cultura pittorica bresciana fra Rinascimento e Manierismo poiché vi operano due personalità artistiche di primo piano come Girolamo Romanino e Lattanzio Gambara in momenti topici della loro parabola artistica: il primo è ormai giunto alla fine della sua carriera, mentre il secondo è agli esordi della sua attività. Nel febbraio del 1549 Gambara entra come garzone nella bottega dell'anziano maestro cominciando, in uno stretto giro d'anni, ad operare, con responsabilità sempre crescenti, nei cantieri in cui è chiamato a dipingere Romanino. Palazzo Averoldi costituisce proprio una fra le prime - se non addirittura la prima - prova di collaborazione in cui è possibile distinguere l'apporto di ciascuna personalità artistica, ancorandola ad una cronologia che la critica ha fissato fra il 1550 e il 1555. Recenti ricognizioni documentarie (Balzani, 2016, p. 111-112) hanno permesso di ipotizzare che la commissione della decorazione pittorica sia da ricondurre a Leandro Averoldi che, in quegli anni, risulta essere l'unico proprietario delle sale in cui essa si sviluppa.
Se l'autografia dei dipinti non è mai stata messa in dubbio e, fin dal XVII secolo la letteratura artistica locale, indica Romanino e Gambara come autori dei dipinti, la critica si è più volte interrogata sulle modalità di collaborazione fra i due artisti e sulla suddivisione del lavoro, esprimendosi sull'attribuzione delle figure e dei partiti decorativi all'uno o all'altro pittore.
Per quanto concerne la "Sala delle Stagioni", già nella seconda metà del XVII secolo, il Paglia attribuisce gli affreschi ad una collaborazione paritaria fra Gambara e Romanino.
Questo parere è ripreso nel XX secolo da Maria Luisa Ferrari che esplicita l'apporto di ciascun artista assegnado a Girolamo Romanino l'ideazione e l'esecuzione dell'impianto decorativo nel suo insime oltre che delle figure dell'Estate, dell'Autunno, di Giove, di Apollo e di Mercurio, mentre i restanti personaggio sarebbero opera di Lattanzio.
L'ipotesi critica ed attributiva della Ferrari viene ripresa dalla bibliografia successiva con qualche piccolo aggiustamento, ma senza modifiche sostanziali fino allo studio monografico che Alessandro Nova ha dedicato a Romanino. Lo studioso esclude in maniera netta l'intervento di Romanino nella "Sala delle Stagioni" ed attribuisce gli affreschi nella loro totalità di invenzione ed esecuzione al Gambara. Anche per la figura di Diana che stilisticamente si distacca dai modi dell'artista più giovane per avvicinarsi a quelli dell'anziano maestro, Nova ritiene che l'assonanza sia da imputare all'uso da parte di Lattanzio di un disegno preparatorio fornito da Romanino e non ad un suo intervento diretto. Più sfaccettata la recente disamina di Francesco Frangi che assegna a Girolamo Romanino la figura di Diana e il fregio con putti e festoni in corrispondenza della pareti settentrionale e meridionale.
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