Tecniche
*Soffiatura*
La soffiatura fu una tecnica che rivoluzionò la produzione vetraria intorno alla metà del I secolo a.C., rendendo veloce ed economica la produzione di contenitori in vetro e di conseguenza favorendone la diffusione anche presso le classi meno abbienti. La soffiatura fu ideata nell'area siro-palestinese e divenne metodo abituale nella prima metà del I secolo d.C..
Inizialmente non esisteva la canna da soffio ma una canna vitrea cava veniva chiusa ad una estremità e modellata in quella zona in forma di boccetta, mentre il vetraio soffiava dall'altra estremità. Quindi l'oggetto modellato veniva staccato dal resto della canna vitrea.
L'adozione di una canna metallica ampliò la gamma produttiva e rese più agevole il lavoro del vetraio. Una estremità della canna metallica viene inserita nel crogiolo contenente il vetro incandescente così da attingerne la quantità necessaria. Poi il vetraio soffia con cautela dall'altra estremità.
*Soffiatura a stampo*
La soffiatura a stampo fu adottata nel 25 d.C. circa nelle vetrerie dell'impero romano, probabilmente sulle coste orientali del Mediterraneo. Esistono due tipi fondamentali di stampi.
Lo stampo monoblocco in forma di bicchiere a tronco di cono (dip-mould), generalmente di metallo, permette di imprimere sulla superficie del vetro una decorazione a rilievo mentre è la mano del vetraio che determina la forma con l'aiuto di strumenti.
Lo stampo a due o più pezzi incernierati (closed mould) permette di conferire al manufatto non solo motivi decorativi ma anche una forma predeterminata. Aperta la forma dall'assistente, il maestro vi inserisce il vetro già in parte soffiato attaccato alla canna da soffio. Con la soffiatura il vetro aderisce alla parete dello stampo acquisendone in negativo la forma e le decorazioni. Aperto lo stampo l'oggetto può essere rifinito con piede, anse e varie altre applicazioni.
Gli stampi antichi erano in terracotta, pietra, gesso, legno e metallo. Oggi prevalgono quelli in metallo, ghisa e legno, un legno privo di nodi come il legno di pero.
*Colatura*
La necessità di schermare le finestre con materiali trasparenti, indirizzò la produzione del vetro alla realizzazione di lastre già in epoca romana. Le lastre di piccole dimensioni, non più di 50x80 cm, erano prodotte colando il vetro su una piastra e tirandone le estremità con pinze o altri attrezzi fino a riempire i bordi di uno stampo. Queste lastre sono facilmente riconoscibili per l'irregolarità dello spessore, sottile al centro e spesso e arrotondato ai bordi. Il maggior impulso alla fabbricazione delle lastre venne, probabilmente, dalla diffusa utilizzazione di vetrate policrome, legate al piombo, a partire dal VIII secolo, ma in modo massiccio, all' XI secolo nella costruzione delle cattedrali gotiche in Europa.
Ma fu dal XVII secolo che si svilupparono metodi più sofisticati e meno costosi per produrre lastre di dimensioni sempre più grandi e spessori regolari ed uniformi.
La colatura fu ripresa in Francia nel 1600 per formare lastre di grande dimensione, da usare nella produzione di specchi che potessero sostituire gli inimitabili, ma costosissimi specchi veneziani. Il fuso era versato su una piastra di ferro e si faceva scorrere sulla massa vitrea un rullo fissato a rotaie; questo garantiva una rapida ed uniforme distribuzione del vetro nello stampo rettangolare. Con questa tecnica si poterono ottenere lastre fino a 2x4 metri, ma con spessori piuttosto elevati (oltre i 6-8 mm).
Le lastre trovarono impiego diffuso anche nell'edilizia civile fino ad arrivare ai giorni nostri con lo sviluppo delle facciate strutturali, dove intere pareti di grattacieli ed edifici commerciali sono fatte in vetro e l'impiego del vetro nei mezzi di trasporto.
Le tecniche che si susseguirono furono, dopo il vetro colato, il sistema dei dischi, quello del cilindro,la colatura tra rulli e, nel 1900, con l'avvento della produzione continua, prima il vetro tirato e poi, dai primi anni sessanta, la tecnica float che ha completamente soppiantato le altre tecnologie.
*Meza stampaura*
È stata una delle principali tecniche del Rinascimento veneziano e della vetraria alla façon de Venise. Questa tecnica non è mai stata abbandonata a Murano.
Un soffiato attaccato alla canna da soffio viene immerso nel crogiolo parzialmente così da venire rivestito per metà della sua altezza da un ulteriore strato esterno di vetro. Viene quindi inserito in uno stampo metallico a nervature che vengono impresse soltanto sullo strato esterno. Ruotando il tutto le nervature possono anche acquisire un movimento a spirale.
*Foglia d'oro*
L'uso in fornace della foglia d'oro è già attestato in età ellenistica e romana e divenne abbastanza comune a Venezia a partire dal XV secolo. Oggi è praticato ovunque.
Fogli quadrati di sottilissima foglia d'oro o d'argento viene disposta su un piano metallico, protetta su tra lati affinché correnti d'aria, anche lievi, la accartoccino. Il vetraio vi rotola sopra il vetro incandescente massiccio o soffiato così da far aderire la foglia o più foglie intorno alla parete esterna. Dilatando il manufatto con la soffiatura, la foglia d'oro o d'argento si spezza in una sorta di pulviscolo.
Spesso la superficie viene rivestita con un ulteriore strato di vetro trasparente. La foglia d'argento, se non rivestita, brunisce.
*Foglia d'oro graffita*
È una tecnica di laboratorio adottata già in epoca ellenistica e romana, quindi ripresa a Venezia nel XV secolo. La foglia d'oro, o d'argento, può essere applicata sul vetro anche a freddo nel laboratorio di decorazione.
Sulla superficie vitrea spalmata con un fondente viene adattata la foglia d'oro.
Quindi il decoratore ne asporta alcune parti secondo un disegno per mezzo di una punta in osso o in materiale plastico.
L'oggetto viene poi ricotto in una muffola per fissare indelebilmente l'oro al vetro.
*Filigrana a retortoli*
È una delle tecniche più importanti ideate a Murano nel Rinascimento. Fu brevettata nel 1527 per dieci anni da Filippo e Bernardo Catani con fornace muranese all'insegna della Sirena e presto fu patrimonio comune delle vetrerie muranesi e venne anche esportata all'estero nelle vetrerie alla façon de VenisÈ.
Il lavoro si svolge in fasi successive. Vengono tirate varie canne non forate di cristallo e di vetro bianco opaco, nella versione classica, o di cristallo e di vetro colorato e quindi assemblate in un cilindro secondo una regolare disposizione.
Esse sono quindi riscaldate e tirate nuovamente, torcendole nel corso di quest'ultima operazione.
Ottenute delle canne di cristallo a fili interni bianchi o colorati ritorti a spirale, queste vengono tagliate in segmenti di dimensioni identiche (circa 20 cm.) ed accostate parallele su una piastra metallica rivestita di argilla refrattaria, poi inserita nel forno ripetutamente al fine di saldare.
Il maestro vetraio raccoglie con la canna da soffio la piastra vitrea formata dalle canne parallele, rotolando lungo il lato maggiore del rettangolo, corrispondente dalla estremità delle canne, un elemento conico già preparato all'estremità della canna stessa, quindi ne ricava un cilindro, lo chiude all'estremità opposta rispetto alla canna. Poi può procedere alla soffiatura ed alla modellazione dell'opera.
*Canna*
La canna vitrea è stata tirata fin dai primordi del vetro.
Si raccoglie con la corta canna metallica non forata una idonea quantità di vetro cui viene conferita una forma cilindrica.
Se la canna deve essere forata si imprime con uno strumento una depressione longitudinale al suo interno e la cavità viene chiusa immergendo il vetro nuovamente nel crogiuolo.
Quindi il cilindro viene attaccato in corrispondenza all'altra estremità ad un'altra asta più corta, già predisposta con una piccola quantità di vetro.
Due vetrai impugnando i due ferri si allontanano rapidamente d'uno dall'altro, agitando le canne secondo una modalità collaudata da secoli e appoggiando la canna vitrea su sottili traversine di legno disposte lungo un corridoio, per cinquanta metri e più.
La canna viene immediatamente tagliata in lunghi segmenti. Non richiede ricottura e lento raffreddamento.
Allo stesso modo viene tirata la canna non forata e quella a millefiori.
*Millefiori*
La canna millefiori, detta anche rosetta nella sua forma più tradizionale, nasce a Murano nella seconda metà del XV secolo ma con motivi decorativi diversi appare già nella vetraria ellenistica e romana.
Una piccola quantità di vetro viene attaccata alla corta canna metallica del maestro specializzato nel settore quindi inserita in uno stampo a forma di stella, dopo una breve immersione in acqua per raffreddare il vetro viene rivestito di colore differente ed egualmente raffreddato ed inserito nello stampo ed il processo continua a piacere. Alla fine la massa cilidrica viene attaccata all'altra estremità ad un'altra canna e tirata per decine di metri appoggiandola a listelli di legno paralleli e tagliata in segmenti. Già nel XV secolo a Murano sezioni irregolari di canne a millefiori venivano raccolte, marmorizzando, intorno alla parete monocroma di un soffiato così da costituire una decorazione policroma.
*Incalmo*
È una tecnica ideata a Murano nel XVI secolo ma valorizzata pienamente nella seconda metà del XX secolo.
Permette di ottenere soffiati caratterizzati da due o più zone di colore diverso o diversamente colorate. Due soffiati differenti per colore o per decorazione di forma cilindrica vengono saldati lungo il bordo di eguale diametro. Viene staccato il manufatto che può essere ulteriormente soffiato e modellato e l'operazione può essere ripetuta più volte. In tempi recenti si sono ottenuti anche incalmi verticali.
*Incisione a punta di diamante*
L'incisione a punta di diamante sui soffiati venne adottata nel 1549 a Murano, quindici anni dopo che era stata applicata agli specchi. In epoca romana incisioni analoghe ma più rozze venivano probabilmente eseguite con una punta di selce.
Nel lavoro tradizionale viene eseguita una sottile e lieve incisione con una penna caratterizzata da una punta di diamante industriale. Le incisioni sono lineari con talvolta la resa di chiaroscuro. Raffinatissime furono i vetri incisi a punta di diamante con incisioni puntinate realizzati nel XVIII secolo nei paesi bassi con un effetto grafico.
*Pittura a smalto*
La pittura a smalto è stata una delle più diffuse tecniche nei secoli, benché richieda conoscenze tecniche specializzate. I primi esempi noti sono di epoca romana a partire dal primo secolo d.C.. La tecnica fu usata a Venezia dal 1280 al 1350 circa ed, in seguito, a partire dalla seconda metà del XV secolo. Di qui si diffuse a Nord delle Alpi.
La pittura consiste nella applicazione a pennello di impasti colorati ottenuti da polvere finemente macinata di vetri bassofondenti opachi o trasparenti mescolati con un liquido oleoso. L'oggetto decorato viene posto quindi in una muffola ad un calore non superiore ai 600 °C. affinché lo smalto rammollisca e aderisca indelebilmente alla parete di supporto.
*Incisione a rotina*
L'incisione a rotina su vetro deriva dalla incisione su pietra dura. È già attestata in epoca romana nei secolo IV e V d.C.. In epoca moderna è stata riproposta a Praga tra la fine del XVI secolo e l'inizio del XVII. Di qui si è diffusa ovunque.
Si esegue con una rotella verticale di rame, che varia in spessore e dimensioni, saldata ad un tornio, un tempo azionato da una pedaliera oggi da un motorino elettrico. Un nastro flessibile in ottone, all'estremità del quale è fissata una lingua di cuoio, disperde sulla superficie del profilo della rotina una sospensione oleosa di polvere abrasiva, oggi polvere di carburo di silicio (carborundum) o di corindone. Le incisioni più profonde possono essere ottenute con una ruota di pietra. La lucidatura viene realizzata generalmente con una rotina di sughero.
La incisione può essere eseguita in profondità (intaglio) con incisioni sovrapposte che creano un effetto ottico di bassorilievo o a rilievo su vetri di grosso spessore, abbassando con la incisione la superficie vitrea in corrispondenza dello sfondo.
Il vetro più adatto alla incisione è il cristallo al piombo, che viene minutamente sgranato dall'utensile, con il risultato di una incisione più nitida e precisa.
*Cementazione*
È una tecnica antica, già applicata in Egitto in epoca romana, nel III sec. d.C. Ha avuto larga applicazione nella vetraria Boema del periodo Biedermeier ed anche in seguito.
Il vetro raffreddato ed uscito dalla fornace viene decorato in superficie applicando un pigmento a base di sali d'argento o di rame. Gli ioni d'argento o di rame, riscaldando il manufatto in una muffola a bassa temperatura, reagiscono con la superficie vitrea e sostituiscono (rimpiazzano) gli ioni di sodio di cui è composto il vetro, mentre questi ultimi migrano a occupare diverse posizioni nel reticolo di silicati della struttura vitrea.
In sostanza in questo scambio ionico, i pigmenti vengono 'assorbiti' dal vetro, colorandone il sottilissimo strato superficiale. Il pigmento può essere usato per dipingere motivi decorativi o per ricoprire intere superfici, poi incise con motivi decorativi. In questo caso viene adottato come surrogato del vetro incamiciato inciso.
*Fili applicati*
La decorazione con fili applicati a festoni risale ai primordi della storia del vetro e fu adottata sia su perle che su contenitori.
Sull'oggetto in lavorazione si applicano filamenti incandescenti di vetro attinto dal crogiolo con un corto e sottile pontello, o in verticale o secondo motivi decorativi vari.
I fili possono essere mantenuti a rilievo o inglobati nella parete marmorizzando l'oggetto, cioè rotolandolo su una superficie di metallo o di marmo.
*Gocce applicate*
La decorazione a gocce applicate risale ai primordi della vetraria. Sull'oggetto in lavorazione si applicano gocce di vetro incandescente attinto dal crogiolo con un corto e sottile pontello o 'speo'.
La goccia può rimanere a rilievo o venire inglobata nella parete marmorizzando. Le gocce possono essere di varie dimensioni e dare luogo a protuberanze grandi ed appuntite come in alcuni tipi del Medioevo e del Rinascimento prodotti a Nord delle Alpi.
Alle gocce possono anche venire impressi dei motivi decorativi: sono 'fragolÈ nella vetraria veneziana dal XVI secolo.
*Pressatura a stampo*
Già nella seconda metà del II millennio a.C. vennero realizzate nella Mesopotamia e nell'antico Egitto opere in vetro pressato e nel corso dei secoli la tecnica non è mai stata abbandonata.
La pressatura a stampo è un metodo veloce ed economico per ottenere oggetti vitrei massicci o concavi.
L'idonea quantità di vetro viene colata su un piano e sulla parte superiore viene pressato uno stampo di argilla refrattaria o di metallo. Poi l'oggetto semilavorato può venire adagiato su uno stampo convesso per ottenere una forma concava.
Oggi la pressatura a stampo è eseguita anche con strumenti automatici.
*Vetri a cammeo*
I vetri a cammeo sono realizzati in fornace dal maestro vetraio, quindi finemente incisi così da ottenere dei bassorilievi in vetro bianco opaco su un fondo più scuro colorato, generalmente blu.
Il maestro vetraio romano immergeva un soffiato di vetro blu o di altro colore in un crogiolo di vetro bianco opaco così da ottenere uno strato esterno bianco.
Anche i vetrai veneziani fin dal XIX secolo hanno seguito questo processo.
I vetrai inglesi del XIX secolo adottarono invece il metodo di preparare un soffiato di vetro bianco opaco e apertolo ad una estremità, soffiarvi all'interno il vetro colorato.
L'oggetto era quindi consegnato all'incisore che procedeva all'esecuzione del bassorilievo con la rotina e con altri strumenti.
I vetri a cammeo antichi risultano inoltre abrasi all'interno per assottigliarne la parete.
*Vetro incamiciato*
È una tecnica largamente usata nel vetro Biedermeier Boemo, nel vetro a cammeo inglese, nella vetraria scandinava del XX secolo e nel vetro veneziano del XIX.
Con questa tecnica si ottiene uno strato superficiale di vetro molto sottile.
Nella tradizione boema, inglese del vetro a cammeo e scandinava viene modellato un soffiato aperto di ridotte dimensioni, all'interno del quale viene soffiato un vetro di differente colore finché le due pareti aderiscono.
A Venezia il soffiato allo stadio iniziale viene immerso in un crogiolo di differente colore e poi dilatato, assottigliando così la parete del vetro. Venne usata per i vetri a cammeo romani ed anche veneziani e tuttora per opacizzare, all'interno, con vetro bianco opaco un vetro trasparente colorato.
*Vetro mosaico*
È una tecnica antichissima, che ha permesso, prima dell'invenzione della soffiatura, di realizzare forme concave. Risale presumibilmente al XIV secolo a.C. e si è espressa al massimo livello in età ellenistica e romana. È stata recuperata a Murano negli anni settanta del XIX secolo entrando così nella tradizione tecnologica veneziana. Da Venezia è stata esportata in altri continenti in tempi recenti.
Tessere di vetro colorato o sezioni di canna policroma, a millefiori ad esempio, possono essere accostate su un piano ricoperto di argilla refrattaria o su un piano di ceramica idonea e fuse al calore del forno. Quindi la piastra circolare ottenuta viene adagiata su uno stampo concavo o convesso così da conferirle una forma concava. Il bordo può anche essere rifinito da una canna ritorta bicolore incandescente prima della sagomatura. La superficie interna e talvolta quella esterna devono essere rifinite con la ruota per lisciarle e appianare eventuali irregolarità di superficie.