Introduzione storica

h3. L'antichità bq. Che notizie ci sono di Como, mia e tua delizia, e della bellissima villa suburbana? Di quel portico dove è sempre primavera? Queste le parole, ricche di affettuosa ammirazione, con cui Plinio il Giovane, nipote del grande naturalista, in una lettera all'amico Canino Rufo celebrava per primo nella storia, le bellezze e i pregi della vita sul lago di Como e tratteggiava quell'atmosfera propria della civiltà della villa del Lario, destinata a conoscere grande fortuna nei secoli, presso intere generazioni di residenti e viaggiatori. Da quanto riportato nel prosieguo di questa lettera, databile tra il 96 e 100 d.C., e in altre testimonianze coeve, è possibile avere anche un'idea piuttosto precisa della struttura della villa romana e del rapporto che questo genere di edifici manteneva con il paesaggio circostante: accanto a saloni conviviali, salotti per studi e conversazioni, camere per il riposo, si sviluppavano infatti ininterrotte serie di portici aperti al sole, al panorama delle acque, al verde dei giardini. Luogo sereno di ozio intellettuale, spazio di riferimento per attività fisiche e venatorie, buone letture e conversazione: è nell'età imperiale che nasce il mito del Lario basato sull'esaltazione della vita di villa all'interno di un particolare contesto ambientale frutto del miracoloso contrasto tra il clima mediterraneo del lago e il rigido inverno alpino delle montagne circostanti, tra la magnificenza della natura e quella delle opere dell'uomo come Cassiodoro, senatore romano e ministro del re Teodorico, scriveva tra il 533 e il 537: bq. il lago è accolto da una valle molto grande e profonda… attorno si raggruppano, quasi a formare una corona, splendidi gioghi di alti monti… le sponde abbellite dalle ville che le ornano… circondate come da una cintura dal verde perpetuo degli uliveti. h3. Il Medio Evo bq. In te è sempre primavera poichè sempre fiorisci nelle verdi zolle… tu sei cinto d'uliveti da entrambe le sponde… i melograni rosseggiano da ambo le sponde per i lieti giardini… le fronde di mirto profumano con le loro bacche… il cedro tutto vince con il suo profumo. I _Versi in lode del Lario_ scritti nel VIII secolo da Paolo Diacono, lo storico longobardo, testimoniano l'interrotta fortuna del lago come luogo di svago e di villeggiatura. Quest'epoca che segna la scomparsa delle ville del tardo impero sostituite da edifici di tipo rustico, semplici nei materiali e nella struttura, vede anche la definitiva affermazione di quel sistema misto di coltivazioni agricole e giardini che contribuì a favorire un sempre più crescente interesse per l'aspetto botanico di queste rive, destinato a divenire uno degli elementi più spesso ricorrenti nel mito del lago. Alberi sempreverdi, agrumi e ulivi, specie esotiche e odorifere, vigneti e frutteti legarono indissolubilmente la villa all'ambiente circostante, gettando le basi di quel rapporto armonico con il territorio che raggiungerà il massimo livello tra Sette e Ottocento. h3. Il Cinquecento Durante quest'epoca, anche nell'area lariana, i rapporti tra città e campagna furono dominati dal graduale accentramento delle proprietà rurali nelle mani della borghesia urbana; questo fenomeno favorì la costruzione sulle rive del lago di dimore stagionali di cittadini e nobili che vi risiedevano durante l'estate o in occasione di particolari fasi della produzione agricola, come la vendemmia o la vendita dei bachi da seta. Accanto a queste dimore, per emulazione, le case dei notabili locali divenivano via via più eleganti. Furono queste le condizioni che portarono all'edificazione delle ville vere e proprie, dedicate allo svago e alla piacevolezza del soggiorno in compagnia, grazie agli ampi quartieri residenziali e conviviali e agli alloggi per gli ospiti. Sulla fine del Quattrocento vide la luce la 'Reggia' di Bellagio, la futura "Villa Serbelloni":/architetture/schede/CO180-00299/ , del cremonese Stanga; tra il 1565 e il 1570 Tolomeo Gallio fece edificare la villa del 'Garovo' presso Cernobbio, nucleo dell'attuale "Villa d'Este":/architetture/schede/CO260-00239/; nel 1575 il piacentino Giovanni Anguissola comprò la fonte Pliniana ed innalzò l'omonima "villa":/architetture/schede/CO180-00182/ a Torno: ecco i primi esiti di una serie ininterrotta di edificazioni o di importanti lavori di ristrutturazione che delinearono la decisiva trasformazione del territorio lariano. Gli edifici sorsero in posizioni piuttosto isolate rispetto ai centri abitati, inseriti in un particolare contesto paesaggistico, all'interno del quale i parchi e i giardini che andavano a svilupparsi via via sempre più ampi, divennero un elemento estetico sostanziale e di grande pregio. Nei giardini all'italiana, affacciati sulle rive, accanto agli agrumi si coltivavano alloro, mirto e rosmarino in armonica convivenza con i fiori di spalliera o da aiuola ed alberi come il cipresso e il ginepro. Fu in quest'epoca che la villa sul Lario iniziò a connotarsi quale luogo della cultura e dell'arte: nel 1543 lo storico Paolo Giovio fece infatti edificare nei pressi di Como la sua villa a cui diede il nome di 'Museo' che ebbe vita breve - fu infatti distrutta agli inizi del Seicento - ma conobbe una straordinaria e duratura fama per le raccolte d'arte, legando indissolubilmente nei secoli il lago al grande collezionismo. h3. Il Seicento e il Settecento Quest'epoca muove i suoi passi in diretta continuità con le trasformazioni sociali ed economiche avviatesi nel secolo precedente. Il definitivo affermarsi di una committenza dalle grandi ambizioni e dai molti mezzi portò a nuove edificazioni o all'ampliamento e alla modifica di edifici già preesistenti: grandi portali, l'uso del bugnato, l'esaltazione della loggia, la predilezione per siti particolarmente panoramici, la comparsa delle prime darsene per vivere maggiormente la dimensione lacustre della dimora, sono solo alcuni degli elementi ricorrenti in questi anni. La famiglia Gallio, una delle più importanti di Como legò il suo nome a tre ville, due in Borgovico, al limitare della città, la "Gallia":/architetture/schede/CO180-00016/ e la "Gallietta":http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/CO180-00066/ ed una nel cuore del lago, ad Ossuccio, il "Balbiano":/architetture/schede/CO250-00050/; i "Della Torre":/architetture/schede/CO250-00041/ alla dimora affacciata sull'Isola Comacina; i Clerici alla grande villa di Tremezzo, la futura "Villa Carlotta":/architetture/schede/CO160-00021/ che più di ogni altra incarnava l'aspirazione a fare dell'edificio un vero e proprio punto di riferimento del territorio, in posizione predominante, con un ampio giardino all'italiana che con un sistema di scalinate e terrazzamenti collegava il lago alla collina retrostante. Nel primo Settecento, sempre a Tremezzo, con uno schema non dissimile anche se, soprattutto per gli interni, semplificato dal nascente gusto neoclassico, sorse "villa Serbelloni 'La Quiete'":/architetture/schede/1q030-00045/, celeberrima per aver ospitato il poeta Giuseppe Parini. h3. Il secondo Settecento e l'Ottocento bq. Il lago di Como non deve mancare in Paradiso, essendo impossibile che sia al mondo un lago che lo avanzi in bellezze naturali. Esso è quindi divenuto, per così dire, il luogo di tutto il mondo colto… e ora non solo nobili lombardi ma anche duchi russi, principi e principesse, ballerine e banchieri parigini posseggono un palazzo d'inverno a Berlino o Pietroburgo, a Milano o a Venezia a Londra o a Parigi, ma anche una villa estiva sul lago di Como. Johann Georg Kohl, geografo e viaggiatore, rendeva così con molta efficacia il clima di autentica frenesia raggiunto dalla moda della villeggiatura sul lago, divenuta già dai primi dell'Ottocento un elemento imprescindibile della vita sociale di allora. Le rive del Lario si affermarono come tappa d'obbligo del viaggio in Italia, e le grandi ville che vi si affacciavano, ne divennero i luoghi di attrazione. Numerose furono le presenze di illustri personaggi: molti gli scrittori che scelsero queste rive come ambientazioni per le loro opere; molti i musicisti che qui trovarono ispirazione per comporre melodie destinate a diventare famosissime; numerosissimi i pittori che fecero del paesaggio lariano uno dei soggetti prediletti per i loro dipinti; e poi ancora cantanti liriche, ballerine classiche, intellettuali e uomini di cultura. Qui si aprirono salotti colti, ebbero luogo incontri politici, si svolsero intrecci sentimentali che contribuirono a nutrire incessantemente la fama del luogo. Le ville costituirono il cuore di questo fermento artistico e sociale: nuovi edifici vennero costruiti, alcuni dei preesistenti furono modificati secondo il gusto dell'epoca. Interessante è la sintesi di Stendhal, a lungo frequentatore del lago di Como: bq. i palazzi si moltiplicano sulla verzura, sulle colline e si rispecchiano nelle acque… è una maniera di costruire elegante, pittoresca e voluttuosa. Il Neoclassicismo trovò sulle sponde del Lario un palcoscenico d'eccezione: villa degli "Odescalchi all'Olmo":/architetture/schede/CO180-00068/, edificata nel 1785 dall'architetto Simone Cantoni, la "'Rotonda'":/architetture/schede/CO180-00014/, progettata da Leopold Pollack, la "Parravicini":http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/CO180-00056/, ideata con ogni probabilità da Luigi Canonica ed ancora "villa Melzi":/architetture/schede/CO180-00312/ d'Eril a Bellagio, concepita dall'Albertolli più che come un'architettura come un vero e proprio oggetto d'arte sono tra gli esempi più grandiosi di questo stile. Allo stesso periodo risale anche la trasformazione di villa Clerici, divenuta nel frattempo villa Sommariva (e destinata ad essere poi nota con nome di "Villa Carlotta":/architetture/schede/CO160-00021/) che divenne un autentico museo privato con capolavori d'arte neoclassica di indiscusso valore. Fu questa anche l'epoca del definitivo affermarsi dell'arte dei giardini: zone verdi e dimore divennero protagoniste di un incessante colloquio di forme, luci e suggestioni che in diversi casi, come per il "'Pizzo'":/architetture/schede/CO260-00252/, "villa Passalacqua":/architetture/schede/CO260-00107/ ma soprattutto il "Balbianello":/architetture/schede/CO250-00216/ e "villa Melzi":/architetture/schede/CO180-00312/ toccarono vertici di assoluta eccellenza. Il passaggio tra gusto neoclassico e sensibilità romantica avvenne sulle sponde del lago con gradualità, dando origine ad esempi di grande interesse come nel caso di "villa Mylius Vigoni":/architetture/schede/CO250-00262/ di Loveno di Menaggio, in cui i due stili trovarono un'armonica coesistenza, diventando la voce narrante di una tormentata vicenda famigliare. Di questi anni è la trasformazione dei giardini in parchi all'inglese, con una fioritura di tempietti, finte rovine, romitaggi, sculture, autentico tributo alla sensibilità romantica. h3. Dal secondo Ottocento al Novecento Dopo la metà del secolo, il lago assistette ad una nuova fioritura di ville, che abbracciava svariati stili e le più diverse contaminazioni: la neo rinascimentale "villa Mylius Cramer":/architetture/schede/1q030-00037/ a Blevio, la neo medievale "villa Gaeta":/architetture/schede/1q030-00029/ a San Siro, "villa Garovaglio":http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/CO250-00259/ a Loveno di Menaggio e "villa Bagatti Valsecchi":/architetture/schede/1q030-00028/ a Cardano con la loro commistione di generi sono tra gli esempi più interessanti, ma anche tra gli ultimi, insieme al "'Dosso'":/architetture/schede/CO180-00123/ di Como, di quella dimensione monumentale che aveva costituito fino ad allora una caratteristica peculiare della villa sul Lario. Le commissioni per ville infatti si moltiplicarono ma diminuirono le dimensioni, commisurate ad una nuova distribuzione della ricchezza a favore della emergente classe borghesi ed ad un nuovo concetto di villa, intesa nella propria dimensione privata. In un tale panorama architettonico fitto di riprese stilistiche, non mancarono però interessanti tributi alla modernità, come gli edifici in stile liberty, tra cui "villa Bernasconi":http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/CO260-00237/ di Cernobbio, databile attorno al 1905. Una tale situazione permase fino a quando, tra le due guerre, venne a crearsi sulle sponde del Lario una straordinaria congiuntura tra committenza e una generazione di architetti locali, tra cui Giuseppe Terragni e Pietro Lingeri, che aderirono in prima linea al movimento del razionalismo: le "case d'artista":/architetture/schede/3m080-00005/ dell'Isola Comacina e "villa Amila":/architetture/schede/3m080-00002/ a Bolvedro di Tremezzo sfruttano le possibilità offerte dalle nuove tecnologie e dai nuovi materiali da costruzione per progettare nuovi spazi e realizzare nuovi volumi, riproponendo in termini moderni quel dialogo tra interno ed esterno che da sempre aveva caratterizzato la villa sul lago di Como.