Piallatrice per cilindri di cera - industria, manifattura, artigianato

produzione americana

Piallatrice per cilindri di cera - industria, manifattura, artigianato

Descrizione

Apparecchio a spinta manuale, costituito da una base rettangolare in legno sulla quale è installato un telaio in ghisa, verniciato di nero. La piallatrice è costituita da un mandrino e da un rasoio posto su un braccio in ghisa, sollevabile dall'impugnatura. La manovella, per mezzo di ruote dentate, mette in rotazione sia la vite senza fine che il volano: la vite senza, ruotando, fine trascina il braccio portaraosio lungo la guida parallela al mandrino, mentre il volano, per mezzo di una cinghia di trasmissione in pelle, trasmette la rotazione del mandrino. Un freno a molla permette di rallentare il movimento del mandrino. L'abbassamento del rasoio sul cilindro viene regolato attraverso una vite. Una vaschetta asportabile in lamiera è collocata sotto il mandrino per la raccolta degli scarti di cera. Il supporto destro del mandrino è apribile per l'inserimento del cilindro.

Funzione: Lisciatura della superficie di un cilindro in cera mediante l'eliminazione di una precedente incisione, in modo da rendere nuovamente registrabile il cilindro.

Modalità d'uso: Introdurre un cilindro inciso sul mandrino ed abbassare il rasoio sulla superficie del cilindro. Inserire la manovella ed azionarla manualmente, mettendo in rotazione il mandrino

Notizie storiche: I dittafoni sono apparecchi che venivano prelaventemente impiegati negli uffici per la registrazione e la riproduzione di corrispondenza corrente, successivamente da dattilografare. I primi dittafoni derivarono dal fonografo brevettato da Thomas Alva Edison (1848-1931) nel 1877. Sfruttando le vibrazioni sonore, Edison riuscì a incidere, per mezzo di una puntina mossa dalle vibrazioni di una membrana, la superficie di un cilindro, mantenuto ad una velocità di rotazione costante; facendo ripercorrere alla puntina il solco dell'incisione con la stessa velocità, le oscillazioni della puntina trasmettevano a loro volta la vibrazione alla membrana, che riproduceva il suono precedentemente registrato. Inizialmente, la superficie del cilindro era ricoperta di stagnola, ma la bassa qualità del suono spinse alla sperimentazione di diversi supporti per l'incisione; per la produzione dei cilindri, vennero quindi adottati speciali impasti a base di cera in diverse combinazioni di ingredienti. A partire dall'ultimo decennio del 1800 prese avvio lo sfruttamento commerciale del fonografo per le registrazioni musicali. Dal 1893 tuttavia il cilindro dovette confrontarsi con la concorrenza del disco che andò progressivamente affermandosi durante il primo decennio del 1900, per giungere al definitivo abbandono dei cilindri nel 1929. Se il consumo domestico vide prevalere il disco, il cilindro trovò tuttavia un'applicazione negli uffici con la diffusione dei dittafoni per la registrazione della corrispondenza destinata ad essere successivamente dattilografata. Per questo scopo vennero sviluppate macchine specializzate, basate su un principio di funzionamento del tutto simile al fonografo di Edison, che comprendevano apparecchi registratori, apparecchi riproduttori e piallatrici per livellare la superficie incisa. L'utilizzo dei dittafoni a cilindri rimase diffuso fino agli anni '50 del 1900, quando vennero sostituiti da dispositivi magnetici.

Ambito culturale: produzione americana

Datazione: post 1890 - ante 1899

Materia e tecnica: ghisa; acciaio; legno; pelle

Categoria: industria, manifattura, artigianato

Misure: 42 cm x 22 cm x 20 cm

Collocazione

Milano (MI), Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia "Leonardo da Vinci"

Riferimenti bibliografici

Hemardinquer P. "Le phonographe : et ses merveilleux progrès", Parigi 1930

Credits

Compilazione: Meroni, Luca (2008)

Aggiornamento: Iannone, Vincenzo (2011)

  Scheda completa SIRBeC (formato PDF)

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