Raccolta di 324 ritratti di artisti eccellenti
Campiglia Giovanni Domenico; Pazzi Pietro Antonio; Lasinio Carlo
Descrizione
Titolo proprio: Livio Mehus Pitt.
Identificazione: AUTORITRATTO DI LIVIO MEHUS
Autore: Campiglia Giovanni Domenico (1692/ 1768), disegnatore; Pazzi Pietro Antonio (1706/ 1770), incisore; Lasinio Carlo (1759/ 1838), incisore
Cronologia: post 1790 - ante 1796
Oggetto: stampa a colori
Soggetto: ritratto
Materia e tecnica: acquaforte; bulino
Misure: 160 mm x 210 mm ca. (Parte figurata); 165 mm x 50 mm ca. (Parte iscritta)
Notizie storico-critiche: La stampa in esame è formata da una parte figurata e da un cartiglio sovrariportato in cui compare l'iscrizione, su due righe, seguita da un numero d'ordine; l'insieme è raccordato da una cornicetta con motivi ornamentali ai quattro angoli. Essa appartiene alla "Collezione stampe incorniciate verde e oro del 1700 = Numero 200" registrate nella "Galleria" del primo piano nell'inventario stilato nel 1965 dal notaio Bosisio su indicazioni di Giorgio Nicodemi, individuata anche dalla soprintendente Stella Matalon nell'"Elenco degli arredi con caratteri di pregio storico-artistico" di Villa Confalonieri (1977). La serie, che fa parte della "Raccolta di 324 ritratti di artisti eccellenti" pubblicata tra il 1790 e il 1796, si trova nell'odierna ubicazione dal momento in cui ne è stata avanzata la richiesta di vincolo insieme ad altre "cose mobili e arredi", in qualità di "Collezione di n. 220 stampe colorate ('700) con effigi pittori e scultori, inquadrati da cornici verdi-dorate, con vetro" (inventario del 26/11/1973 allegato a Ronchi, 1977). L. Lanzeni (1999, 666), studiando gli esemplari della suddetta "Raccolta" conservati "a Firenze, tra i fondi della Biblioteca Nazionale", ne ha individuati altri a Milano, nel Gabinetto Ritratti della Biblioteca Nazionale Braidense e a Bergamo, nella collezione Carrara presso l'omonimo Museo, ipotizzando l'esistenza di ulteriori esemplari presso collezioni pubbliche e private, italiane e straniere. Tra queste annoveriamo le stampe di Merate e quelle conservate presso l'Amministrazione Provinciale di Como, provenienti da Villa Amalia di Erba. L'attribuzione di tali incisioni a Carlo Lasinio - che in realtà ricoprì il ruolo di curatore - inizialmente proposta da Fabia Borroni Salvadori (1982), è stata ripresa dalla Lenzeni (1999) che ha rilevato come l'incisore trevigiano abbia riutizzato in gran parte per la sua edizione le lastre già usate per il "Museum Florentinum" edito da F. Moucke tra il 1752 e il 1762 (219 su 220) ed altre provenienti dal catalogo dell'Abate Pazzi (60 su 100), provvedendo a togliere i cartigli che riportavano il nome dell'artista rappresentato, quello del disegnatore e dell'ncisore, e, dunque, incidendo nuovi cartigli su altre lastre (Lanzeni, 1999, 673). Inoltre il Lasinio per conferire uniformità di misura alle stampe, allungò o allargò il rettangolo contenente l'immagine degli artisti -come nel caso dell'incisione in esame allungata di 1 cm. in basso (Lenzeni, 1999, 687)- ed intervenne su tutte imprimendo le lastre con inchiostri di diversi colori secondo il metodo "à la poupe", per poi rifinire le singole parti all'acquarello.
Scheda completa SIRBeC (formato PDF)
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/stampe/schede/LC080-00018/
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