commissario del potere esecutivo 1797 - 1802
Nella prima costituzione della repubblica cisalpina (costituzione 20 messidoro anno V) era espressamente prevista la nomina da parte del direttorio di un commissario presso ciascuna amministrazione dipartimentale con il compito di verificare e sollecitare la tempestiva e corretta applicazione delle leggi. In realtà il mandato affidato dal direttorio al commissario nell’ambito del dipartimento era più vasto, in quanto si estendeva al controllo sulle amministrazioni municipali, polizia, guardia nazionale e più in generale sullo “spirito pubblico”. Il commissario assicurava un controllo politico diretto del direttorio esecutivo sull’operato delle amministrazioni centrali dipartimentali, oltre che di quelle municipali, in un periodo in cui le modalità di selezione dei membri di tali amministrazioni non davano ancora garanzie di una piena omologazione agli indirizzi del potere esecutivo, per l’ assenza di una struttura burocratica accentrata. I termini degli interventi di controllo dei commissari sulle amministrazioni dipartimentali risultavano meglio precisati nella legge sull’organizzazione e sulle funzioni dei corpi amministrativi (legge 15 fruttidoro anno VI b) (1 settembre 1798). Con essa veniva rimarcata l’esigenza che le deliberazioni delle amministrazioni dipartimentali fossero sempre preventivamente sottoposte ai commissari per essere approvate.
Ancor prima dell’istituzione della repubblica italiana, gli organi preposti all’amministrazione dei dipartimenti e le loro competenze subirono un’evoluzione. Con apposito provvedimento (decreto 12 brumale anno IX) (3 novembre 1800) venne disposta la soppressione dell’amministrazione centrale dipartimentale del Reno, ma in seguito provvedimenti analoghi vennero presi anche per altri dipartimenti. Alla soppressione delle amministrazioni seguiva la contestuale nomina dei commissari straordinari, chiamati a surrogarne le funzioni, e a svolgere un compito non più limitato al mero controllo, ma esteso alla gestione amministrativa diretta, che in qualche modo prefigurava il ruolo dei prefetti (Antonielli 1983).
Nella costituzione dell’anno V la presenza di un “commissario”, nominato dal direttorio esecutivo tra cittadini domiciliati nel dipartimento, era stabilita in ogni amministrazione municipale (artt. 191-192), con il compito di vigilare sull’esecuzione delle leggi. La legge 15 fruttidoro anno VI definiva ulteriormente le funzioni del “commissario”, che doveva assistere a tutte le deliberazioni delle amministrazioni municipali, ma senza “voce deliberativa”. Egli poteva “chiedere la comunicazione di tutti gli atti dell’amministrazione, di tutte le carte d’ogni corrispondenza sia attiva che passiva”, vigilava “per l’esecuzione delle leggi e delle decisioni del direttorio esecutivo”, corrispondeva “coi diversi ministri” ed era tenuto “a fornir loro quelle informazioni e schiarimenti” che “secondo le rispettive attribuzioni” potevano essergli richieste (art. 46). Il commissario doveva risiedere nel luogo dove esercitava le sue funzioni e, in caso di impedimento, poteva essere sostituito da un supplente, nominato dall’amministrazione, il quale aveva “la custodia delle carte”, controfirmava “le spedizioni” ed era “responsabile dell’andamento di tutto l’ufficio” (art.. 49-50) (Coraccini 1823; Roberti 1947; Rotelli 1974; Zaghi 1989; Meriggi 1994).
ultima modifica: 12/06/2006
[ Saverio Almini ]
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/istituzioni/schede/100121/