camera di commercio ed arti 1862 - 1910
Tra i lontani precedenti storici delle Camere di commercio ed arti, che saranno istituite solo dopo l'unità d'Italia, ma che già esistevano anche negli stessi stati pre-unitari della penisola, è possibile inserire i collegia opificum dell'epoca romana ed anche, genericamente, le corporazioni medievali italiane o le gilde tedesche. Tuttavia, le camere di commercio di età contemporanea rinvengono più appropriatamente i propri antenati nelle camere di commercio sorte tra il XVIII ed il XIX secolo.
Nel regno d'Italia, le Camere di commercio ed arti furono istituite con la legge 6 luglio 1862, n. 680 (legge 6 luglio 1862); questi enti, dotati di funzioni essenzialmente consultive pur con qualche attribuzione di amministrazione attiva, avevano lo scopo di rappresentare presso il governo gli interessi industriali e commerciali delle circoscrizioni nelle quali venivano create, promuovendone al contempo lo sviluppo economico, culturale e sociale.
Da un punto di vista organizzativo, le Camere di commercio ed arti erano enti elettivi composti da almeno nove componenti (il limite massimo era fissato in 21 membri). I membri delle camere erano eletti a maggioranza relativa ed avevano il compito di scegliere, fra loro, un Presidente ed un Vicepresidente (con procedimento elettivo "per iscruttinio segreto" ed a maggioranza assoluta). Ogni biennio i componenti della camera erano rinnovati per metà, sorteggiando quelli che dovevano essere esclusi.
Il Presidente della Camera di commercio e arti era il rappresentante le gale dell'ente, doveva dirigerne l'amministrazione, convocare e presiederne le adunanze, firmare la corrispondenza e tutti gli atti camerali.
Il Vicepresidente aveva invece il compito di supplire il presidente in caso di assenza (se anche il Vicepresidente fosse stato impedito, le funzioni del presidente sarebbero state svolte dal membro anziano della camera).
Tra i compiti che la legge istitutiva attribuì alle Camere di commercio ed arti vanno ricordati almeno i seguenti:
- Predisposizione per il governo di proposte utili al traffico, alle arti ed alle manifatture;
- Espressioni di pareri intorno ai modi passibili di accrescere la prosperità commerciale ed industriale, con l'indicazione delle cause si attuale impedimento e dei mezzi utili a rimuoverle;
- Pubblicazione annuale di una relazione, presentata al Ministero dell'agricoltura, industria e commercio, intorno all'andamento del commercio e dell'artigianato nel distretto di propria competenza;
- Espletamento di incarichi eventualmente ricevuti per delega dal Ministero, relativamente al commercio, all'amministrazione di pubblici empori, di depositi di merci nei porti franchi, di magazzini di "salvamento" e di altri stabilimenti tendenti ad accrescere la prosperità del commercio locale;
- Resa di informazioni e di pareri eventualmente richiesti dal ministero e dalle altre autorità governative.
Le camere di commercio ed arti, benché dotate di una certa autonomia rispetto al governo - non erano amministrazioni periferiche dello stato ma enti pubblici territoriali ed erano organizzate sulla base del principio elettivo e rappresentativo degli interessi dei maggiori rami della - rimanevano tuttavia di istituzione statale ed erano nella sostanza sottoposte alle direttive ed alle richieste del governo.
L'ingerenza governativa si faceva sentire più intensa proprio in materia di controlli. Innanzitutto, le camere potevano essere sciolte con decreto reale (e la sua amministrazione affidata ad un commissario governativo); il governo poteva altresì sopprimere le camere esistenti previa domanda degli interessati e sentito il parere del consiglio comunale e di quello provinciale. Dal punto di vista del controllo dei conti camerali, la legge disponeva che "non più tardi del mese di ottobre" le camere avrebbero dovuto presentare il proprio bilancio preventivo per sottoporlo all'approvazione del ministro o del prefetto della provincia eventualmente delegato; inoltre, le camere dovevano predisporre "entro il mese di aprile" il conto consuntivo dell'anno precedente, che passava al vaglio delle medesime autorità tutorie del bilancio di previsione.
La legge 20 marzo 1910, n. 121 (legge 20 marzo 1910) apportò sensibili modificazioni all'assetto ed alla disciplina giuridica delle Camere di commercio ed arti, trasformandole peraltro in Camere di commercio e industria (vedi voce relativa).
ultima modifica: 12/06/2006
[ Fulvio Calia ]
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