Milano soggetta a un'amministrazione provvisoria
Il 29 aprile 1799, cioè il giorno seguente l'ingresso delle truppe austro- russe in Milano, il comandante generale dell'armata austriaca Melas dispose la riunione della municipalità e del dicastero centrale di polizia di Milano a formare un solo corpo amministrativo per il disimpegno degli affari pubblici sotto il nome di amministrazione provvisoria.
L'amministrazione, cui venne provvisoriamente affidata la gestione del capoluogo e della sua provincia, rimase in carica fino al 9 giugno 1799, quando fu soppressa dal commissario imperiale conte Cocastelli; al suo posto venne allora istituita la congregazione delegata per la città e provincia di Milano.
La congregazione delegata per la città e provincia di Milano
La congregazione delegata per la città e provincia di Milano venne istituita il 9 giugno 1799 dal commissario imperiale Cocastelli, per sostituire la soppressa amministrazione provvisoria nel governo del comune e della provincia milanese. La congregazione era suddivisa in sei dipartimenti corrispondenti ai sei rami d'amministrazione sotto l'immediata ispezione del governo, cioè censo e comunità; annona e sussistenza della città e della provincia; alloggiamenti e fazioni militari; strade, acque, illuminazione; fondo di religione; pubblica istruzione.
Il metodo di direzione interna di questo corpo e delle sue relazioni esterne era il medesimo della congregazione municipale trasformata nel 1796 in municipalità della città di Milano.
Presieduta da un prefetto e regio delegato - carica attribuita allora al conte Francesco Nava - la congregazione delegata contava diciotto assessori, gran parte dei quali scelti tra le fila della nobiltà e del patriziato.
Il 30 maggio 1800, all'approssimarsi delle armate francesi, l'autorità competente alla commissione imperiale e tutti gli oggetti che erano di competenza della congregazione delegata vennero attribuiti a una reggenza provvisoria, formata dal commissario imperiale Cocastelli prima di lasciare la città.
Governo della commissione imperiale
Durante i tredici mesi dell'occupazione militare austro-russa, il governo dei territori lombardi, formati dalle sei province dell'ex Lombardia Austriaca (Milano, Como, Pavia, Cremona, Casalmaggiore e Lodi), alle quali si erano aggiunte quelle di Bergamo, Brescia e Crema, la Valtellina e gli ex contadi di Chiavenna e Bormio, venne affidato al nobile mantovano Cocastelli, commissario generale presso l'armata d'Italia.
Depositario della somma dei poteri civili, incaricato della direzione dei dicasteri milanesi e del controllo delle amministrazioni provinciali, il commissario imperiale riceveva gli ordini direttamente da Vienna, dal barone Franz von Thugut, ministro di conferenza, commissario di stato e plenipotenziario imperiale per le province italiane, per la Dalmazia e l'Albania.
Le linee politiche generali e spesso anche quelle particolari venivano infatti discusse e stabilite a Vienna, mentre al governo centrale delle province lombarde, insediato a Milano, spettava un ruolo essenzialmente esecutivo. Al commissario Cocastelli, in sostanza, era richiesto di garantire il controllo politico e sociale dello stato e di fungere da collettore delle rendite erariali, utilizzando, a tal fine, il minor numero possibile di impiegati, per non distrarre preziose risorse alle forniture militari.
Il territorio venne suddiviso circoscrizioni denominate province, la cui amministrazione fu affidata ad altrettante congregazioni delegate sottoposte al governo centrale insediato a Milano. Coadiuvato nella sua attività da alcuni funzionari e impiegati, Cocastelli rimase alla testa della compagine austro-lombarda fino al 30 maggio 1800, quando, all'approssimarsi delle armate francesi, abbandonò la città delegando i suoi poteri a una reggenza di governo.
La delegazione generale delle province lombarde
Istituita nel luglio del 1799, la delegazione generale delle province lombarde era l'organo rappresentativo dei territori che formavano la compagine austro-lombarda, Mantova esclusa. I nove delegati che ne componevano l'organico erano eletti dai rispettivi corpi rappresentativi provinciali e avevano il compito di convogliare a Milano i bisogni e le esigenze locali, limitatamente però alle questioni riguardanti le forniture e le contribuzioni militari.
Solo in superficie essa poteva dunque richiamare l'antica congregazione dello stato, rispetto alla quale aveva attribuzioni più limitate, essendo stata istituita soltanto per rendere più semplice e armonico il concorso dello stato nelle spese occorrenti per far fronte al mantenimento e ai bisogni delle armate, e in questo modo attenuare gli arbitri nelle requisizioni; un compito che avveniva previa la sanzione della commissione imperiale, alla quale, ogni otto giorni, il corpo dei delegati doveva rimettere il verbale delle riunioni.
A presiedere la delegazione venne designato il milanese Francesco Nava, prefetto e regio delegato della città, della quale era stato anche l'ultimo vicario di provvisione nel 1796.
Azione della commissione per l'esame dei delitti di lesa maestà
Istituita con un ordine della corte di Vienna, trasmesso dal ministro degli esteri Thugut il 10 agosto 1799, la commissione giudiziaria per l'esame dei delitti di lesa maestà o commissione straordinaria delegata all'esame e al giudizio dei delitti politici, venne nominata il 6 ottobre dal commissario imperiale Cocastelli e si riunì per la prima volta il 14 dello stesso mese nelle stanze del palazzo del governo.
Si trattava di un tribunale speciale, che doveva giudicare i "delitti di stato" vale a dire i reati politici legati alla militanza nelle fila giacobine, all'esercizio di cariche istituzionali durante il periodo repubblicano e, più in generale, agli atti contrari alla monarchia absburgica.
La commissione era presieduta dal patrizio pavese Carlo Re, presidente del tribunale d'appello di Milano, e si componeva di quattro consiglieri, tutti uomini di legge di estrazione nobiliare: Francesco Bazzetta, Giuseppe Guaita, Agostino Pizzoli e Lattanzio Valsecchi, ai quali in seguito si aggiunse Carlo Antonio Gola.
La commissione giudiziaria venne soppressa con decreto 16 aprile 1800. Da allora gli imputati di gravi delitti contro lo stato tornarono a essere sottoposti alla giurisdizione dei tribunali ordinari.
La reggenza provvisoria
La reggenza di governo venne istituita dal commissario imperiale Cocastelli il 30 maggio 1800, prima di ritirarsi da Milano, per il sopraggiungere delle armate francesi.
Formata da sette membri (Giovanni Giacomo Bolognini, Carlo Antonio Gola, Agostino Pizzoli, Giuseppe Porta, Luigi Rusca, Gaetano Sacchi, Pietro Vedani), a essa venne attribuita l'autorità competente alla commissione imperiale e tutti gli affari governativi e pubblici e tutti gli oggetti che erano di competenza della congregazione delegata.
Il giorno 1 giugno la reggenza provvide a nominare una commissione di nove membri per il disimpegno degli oggetti riguardanti vettovaglie, trasporti e carriaggi, mentre il giorno successivo fece stampare un avviso per l'organizzazione dei festeggiamenti in occasione dell'ingresso delle truppe francesi in città.
Sostituiti parte dei suoi membri, la reggenza trasformò allora anche la sua
denominazione in amministrazione provvisoria della città di Milano.