Altare di San Carlo Borromeo

Luini, Aurelio (attribuito)

Altare di San Carlo Borromeo

Descrizione

Identificazione: San Giorgio e San Rocco

Autore: Luini, Aurelio (attribuito) (1530-1592 ca.), esecutore

Cronologia: post 1557

Tipologia: pertinenze decorative

Materia e tecnica: intonaco / pittura a fresco

Descrizione: Dipinto murale raffigurante una ricca edicola marmorea barocca circondata da sculture di angeli e finti drappi dorati, all'interno della quale è inserita una nicchia con la statua lignea di San Carlo. Ai lati della scultura due nicchie dipinte contengono le raffigurazioni di due santi con i loro attributi caratteristici: sulla sinistra San Giorgio munito di lancia e il drago, sulla destra San Rocco con il bastone da pellegrino e il cane ai suoi piedi. Nella lunetta sovrastante, intorno ad un tondo aperto a finestra, sono raffigurati due stemmi nobiliari di forma ovale con cornice dorata.

Notizie storico-critiche: Il dipinto murale è collocato nella seconda cappella a destra della Chiesa di S. Vittore, in corrispondenza dell'altare dedicato a San Carlo Borromeo: tale altare fu voluto dalle monache benedettine per omaggiare il Borromeo, che nel 1581 aveva visitato il monastero, e andò a sostituire il precedente dedicato alla Santissima Trinità. L'opera pittorica attualmente circonda una statua in legno del Santo che indossa vesti cucite dalle monache, inserita in una nicchia decorata molto sporgente (forse a causa della scarsa profondità della cappella in cui è stata inserita), mentre originariamente al centro della parete dipinta era probabilmente raffigurato un Cristo, omaggiato dagli ancora presenti San Giorgio e San Rocco, rispettivamente alla sua destra e alla sua sinistra.
I due santi vengono qui rappresentati seguendo la più tradizionale delle iconografie per quanto riguarda i loro specifici attributi. Il culto di Giorgio si sviluppò intorno al suo sepolcro in Palestina, dove venne decapitato all'inizio del IV secolo, ma l'immagine del cavaliere che lotta contro il drago si diffuse solamente in epoca medievale, anche grazie a quanto scritto nella "Legenda Aurea". Secondo tale testo, un orribile drago teneva soggiogata un'intera città con la minaccia di bruciarla, pretendendo in cambio vittime umane. Tali vittime venivano estratte a sorte e tale rituale si ripetè fino a quando venne sorteggiata la figlia del re, che venne quindi condotta presso il lago dove viveva l'animale. Il mostro, però, non riuscì a divorarla perchè apparve Giorgio, cavaliere della Cappadoccia, che con spada e lancia soggiogò l'animale, lo legò alla cintura della principessa e insieme ad essa lo riportò in città, dove rassicurò il popolo dicendo di essere venuto a vincere il drago in nome di Cristo, per spingerli a convertirsi. Il Santo viene quindi raffigurato di norma, come nel presente dipinto, vestito in armatura e dotato di lancia, con il drago addomesticato ai suoi piedi, talvolta interpretato come il demonio. Per quanto invece riguarda il secondo, Rocco nacque a Montpellier nel XIV secolo: pur essendo nobile donò tutti i suoi beni ai poveri, e spinto dal desiderio di condurre vita eremitica, intraprese un pellegrinaggio verso Roma. Durante il viaggio, in seguito allo scoppio di una terribile epidemia di peste, si premurò nella cura e assistenza dei malati, fino a quando non si ammalò anch'egli. Decise allora di rifugiarsi da solo in un bosco, attendendo la morte in preghiera, ma un angelo gli si accostò e lo curò, mentre un cane tutti i giorni gli recava del cibo per il suo sostentamento, fino alla completa guarigione e al suo ritorno nella città d'origine. Tradizionalmente viene rappresentato in abiti da pellegrino, con il bastone da cammino e una mantella su cui è raffigurata l'immagine di una conchiglia, simbolo originariamente identificativo del pellegrinaggio a Santiago de Compostela, che divenne successivamente immagine di ogni pellegrino. Una delle sue gambe appare scoperta, mostrando sulla coscia la piaga aperta della pestilenza che contrasse. Ai suoi piedi viene spesso rappresentato un cane che porta una pagnotta.
L'opera viene attribuita dalla critica ad Aurelio Luini, figlio più giovane del pittore Bernardino Luini, che qui abbandonò il modello collaudato nel resto delle cappelle della chiesa, con paesaggi naturali a far da sfondo alle scene sacre, in favore della rappresentazione di una monumentale edicola barocca culminante con un timpano semicircolare e impreziosita da drappeggi dorati e festoni di fiori e frutta, sorretti da angeli su plinti. Alla base di questo monumeto architettonico, è inserita un'iscrizione, spezzata in due parti dalla ricostruita nicchia di San Carlo, che riporta una serie di numeri romani probabilmente riferibili alla data di esecuzione. Interpretata in un primo momento come 1587, la scritta è stata poi corretta in 1557, anche in seguito alla maggiore leggibilità della stessa offerta dai recenti restauri effettuati sulla parete, e dunque avvicinata alla data di realizzazione degli affreschi nella cappella Verga nella chiesa di S. Maurizio al Monastero Maggiore a Milano, a ribadire la stretta vicinanza dei due cantieri luineschi. Alla mano di Aurelio Luini vengono ricondotti anche gli stemmi dipinti ai lati dell'oculo-finestra nella lunetta sovrastante la parete, raffiguranti l'impresa della famiglia di Lucrezia Secco, probabile committente dell'affresco: la donna è menzionata come badessa del monastero in un documento del 1557 e fu sorella di Nicolò Secco da Caravaggio, capitano di giustizia e spesso committente di Bernardino Campi, che la nominò nel suo testamento del 1552, mentre era ancora una semplice monaca di Meda.

Collocazione

Meda (MB), Chiesa di S. Vittore

Credits

Compilazione: Uva, Cristina (2014)

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