FIGURE FEMMINILI NUDE

Ajmone Giuseppe

FIGURE FEMMINILI NUDE

Descrizione

Autore: Ajmone Giuseppe (1923/ 2005), autore

Cronologia: 1970

Tipologia: disegno

Materia e tecnica: carboncino / pastelli su carta

Misure: 605 mm x 500 mm

Descrizione: Tre figure femminili nude sedute; di profilo, rivolte verso sinistra

Notizie storico-critiche: Nello stesso anno della sua esecuzione (1970), il disegno viene pubblicato sul settimanale diretto da Davide Lajolo "Giorni Vie Nuove", ad illustrazione di un articolo dello stesso Lajolo sulla poetica di Ajmone affiancata a quella del letterato Vittorio Sereni. Il confronto fra i due personaggi avviene mediante due opere: da una parte c'è questo disegno di Ajmone, dall'altra la poesia di Sereni "Toronto sabato sera", illustrata da un altro articolista del settimanale.
Scrive Lajolo: "Forse nessuno meglio di Ajmone poteva interpretare pittoricamente la poesia di Sereni e nessuno come Sereni entrare nella luce del disegno di Ajmone, Queste donne che sono aria, che sono canto, che sono soffio di vita, questa luce cristallina, questo sole distante, questo silenzio di immagini sono il modo di raccontare di Ajmone, il suo linguaggio dove le parole come i segni in più si sono dispersi per lasciare soltanto lo spazio (...)" (Lajolo, 1970).
Il disegno può essere stato commissionato all'artista apposta per il confronto con la poesia di Sereni, come può essere stato scelto a questo scopo tra gli ultimi da lui eseguiti. Ad ogni modo, come in molti altri casi, in seguito alla pubblicazione esso è rimasto nelle mani di Lajolo, quasi certamente donato dal pittore stesso.
Si tratta di uno dei numerosi studi di nudo femminile eseguiti da Ajmone che la collezione Lajolo possiede, tutti datati tra il 1965 e la fine degli anni '70, e in gran parte molto vicini, per le pose e l'impianto della figura, alla serie di dipinti di nudi esposti alla Galleria Bergamini di Milano nel 1971 (Fagone, 1971).
Interessante è anche la somiglianza tra la tecnica disegnativa e quella pittorica, che Paride Chiappatti descrive "al limite della gestualità; (...). Un gesto contraddittorio che costruisce l'immagine e, nel contempo, la cancella" (Chiappatti , 1997, p. 19).
A proposito della abbondante produzione di disegni in funzione di abbozzi da parte dell'artista, interessante è quanto espresso da Ajmone stesso in un'intervista con Giuseppe Bonini che introduce il catalogo di un'antologica del pittore (Palazzo dei Diamanti, Ferrara, 1984). Qui egli parla diffusamente del passaggio dallo schizzo, che reputa come qualcosa facilmente "funziona", al dipinto su tela, in cui l'introduzione del colore aziona un meccanismo che procede quasi secondo una propria logica, in cui il pittore deve essere pronto a cogliere i suggerimenti offerti dai colori stessi, dai loro rapporti e dalla loro stesura. A testimonianza poi del valore attribuito dall'artista a disegni e abbozzi, in conclusione di questo discorso egli sostiene: "Mi piacerebbe molto stendere una grandissima tela in grado di raccogliere tutti gli studi preparatori e poi allestire una mostra in cui sia documentata l'intera operazione. Tutto il lavoro sotteso a un'opera d'arte non viene esposto molto spesso e, anzi, rimane nascosto, censurato alla vista" (Rosci, 1997, pp. 83-84).
Quanto al tema del nudo femminile, esso è preponderante nel lavoro di Ajmone e molti sono i critici che hanno scritto sull'argomento, da Marco Valsecchi a Vittorio Fagone, Dino Buzzati, Giorgio Mascherpa, Roberto Tassi.
Davide Lajolo, che aveva conosciuto Ajmone nei primi anni del dopoguerra, quando il pittore collaborava con la Casa Editrice Einaudi e poi con il "Politecnico" accanto a Pavese, scrive: "La sua musa è monocorde (si può anche scherzare con Ajmone). Un nudo di donna, poi ancora un nudo di donna, sempre più rarefatti nell'aria, ombre, larve, ostinato a raggiungere la perfezione." (Lajolo, 1984, p. 145).
Importante poi, è, ancora una volta, la testimonianza dell'artista stesso, contenuta in una sua lettera al gallerista Giulio Bergamini in cui ricorda le riflessioni intorno al corpo e alla sua fascinazione, scaturite, in un'aula di studio dell'accademia milanese, dal confronto tra i corpi perfetti dei calchi in gesso e quelli, imperfetti, dei modelli in carne ed ossa. "(...) quello che posso fare è testimoniare del tenero interesse che quel corpo continua ad esercitare sul mio lavoro da quel lontano 1941, approfittando subdolamente anche della mia paranoica ostinazione" (Rosci, 1997, pag. 84).

Collocazione

Milano (MI), Fondazione Davide Lajolo

Credits

Compilazione: Ciottoli Sollazzo, Nora (2004)

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