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<Breve> guadie
1104 febbraio, Bergamo.
Giselberto Brachaniola e Giovanni Flacatorius danno guadia nei confronti dei fratelli Lanfranco e Dolce, di Guzzanica, nominando Giovanni Caniace loro fideiussore, circa l'impegno di far effettuare la vendita ai su nominati fratelli di tre appezzamenti di terreno, di cui uno a castagneto, uno a querceto e il terzo recintato con tettoia, siti in Ravarolo, da parte dei figli di Ambrogio di Aldeprando, non appena questi perverranno alla maggiore età. Qualora l'impegno non venisse mantenuto secondo i termini previsti, i detti Giselberto, Giovanni Flacatorius e Giovanni Caniace dovranno corrispondere ai fratelli Lanfranco e Dolce, ovvero ai loro eredi, una penale di dieci lire di denari d'argento più quattro denari per ciascuna tavola di cui si compone l'oggetto della vendita. Inoltre, Giselberto Brachaniola e Giovanni Flacatorius s'impegnano, fino al momento in cui la vendita da parte dei figli di Ambrogio di Aldeprando non sarà perfezionata, a garantire per la suddetta terra nell'eventualità di contenziosi giudiziari.
Originale, BCBg, Collezione di pergamene, perg. 3799 (A).
Nel verso, di mano del sec. XIII in.: 'Terra iacet <-et in nesso> ad Reverolum'.
Pergamena di forma trapezoidale, leggermente scurita sul fianco sinistro e con evidenti segni di antiche piegature all'altezza di rr. 2-3, 6-7, 10-11, 15, 19-20.
Il rogatario del doc., Lanfranco notaio e causidico, rappresenta senz'altro la punta d'eccellenza nell'ambito del pur ristretto gruppo di professionisti eminenti della città che operano a cavaliere dei secoli XI e XII, sia per quanto pertiene alla correttezza grammaticale dei testi da lui redatti e alla qualità della sua scrittura, sia per la stessa prolungata - e assai prolifica - carriera al servizio delle più svariate commitenze d'élite, istituzionali e private, della città e del territorio. Insieme con il già ricordato Arnaldo notaio, giudice e causidico, egli è "uno dei due notai abituali dei monaci di Astino" negli anni della fondazione e della prima configurazione istituzionale (così MENANT, Une vie ordinaire, p. 135 nota 23): se però i rapporti professionali del primo con il cenobio vallombrosano cessano bruscamente nel 1128 (e la sua carriera, come detto, culminerà nell'assunzione di responsabilità politiche nell'ambito del nascente governo comunale), Lanfranco continuerà a offrire i propri servizi professionali praticamente senza interruzioni fino almeno al 1145 (data del suo ultimo documento conosciuto), accentuando, peraltro, la sua mobilità negli ultimi anni di carriera (oltre che in varie zone del comitato bergamasco e a Cremona, è attestato al seguito dell'abate Manfredo nel giugno 1143 a Pavia, dove redige una convenientia fra il vescovo ticinese Alfano e il monastero bergamasco a proposito della cessione di alcuni terreni - cf. Le carte, II, doc. n. 137). Sicuramente in attività a partire dal 1097 (cf. Le pergamene, II/2, doc. n. 202), forse Lanfranco è anche lo stesso personaggio che, con la qualifica di legis doctus, sottoscrive nel 1091 un'importante notitia di placito presieduto da re Corrado nella domus vescovile di Bergamo (attualmente irriperibile ma edita da MANARESI, I Placiti, III/2, doc. n. 470, sulla base dell'originale): la stessa aulica intitolazione (pressoché equivalente a quella di causidicus, come notava FRIED, Die Entstehung des Juristenstandes, p. 18 e sgg.), difatti, è impiegata da Lanfranco nella formula di autenticazione della copia di un falso privilegio di Adalberto vescovo (894-929), edito in Le pergamene, I, n. *74, e l'identificazione è suffragata dal confronto paleografico con le numerose carte rogate da Lanfranco causidicus fino al termine della sua carriera. Di qui, dunque, la necessità di correggere la proposta a suo tempo avanzata da JARNUT, Bergamo 568-1098, p. 210, circa l'identificazione di Lanfranco causidicus con un omonimo notarius attestato (sempre e solo con questo titolo) fra il 1083 e il 1100, nonché la pur suggestiva ipotesi di KELLER, Signori e vassalli, p. 213 (nota 140), che faceva coincidere il legis doctus interveniente e sottoscrittore nel su nominato placito del 1091 con il Lanfranco della famiglia capitaneale dei de Martinengo menzionato fra gli adstantes, di cui non si conoscono interventi autografi (una lista completa dei documenti in cui compare il suo nome in JARNUT, op. cit., pp. 284-285). Su profilo e carriera di Lanfranco causidicus cf. DE ANGELIS, Poteri cittadini, in particolare pp. 224, 236-237.
La prestazione di giuramento, da parte di tutori o di parenti prossimi, a garanzia della futura ratifica da parte del minorenne di vendite di beni pro indiviso, costituiva una normale procedura volta ad aggirare i divieti fissati dalla normativa longobarda in materia di atti di alienazione, rigidamente regolati e consentiti agli individui non ancora giunti ad legiptiman aetatem solo in determinate, eccezionali circostanze (segnatamente la necessità, per l'infans, di sanare un debito lasciatogli dal defunto padre, ovvero bisogni essenziali legati alla sussistenza, come disposto, rispettivamente, in LIUTHPR. 19 e 49). Si vedano, al riguardo, le osservazioni di CORTESE, Divieto di alienazione, p. 1260 (nota 123) e, per interessanti casi di "sincretismo" fra fonti romanistiche e diritto longobardo nella documentazione veronese di fine XI secolo, CIARALLI, Universali lex, pp. 147-155. Circa la figura del fideiussor garante nella legislazione longobarda cf. ROGGERO, "Per guadiam et fideiussorem", in particolare pp. 44-47 e, più specificamente sui vincoli che lo legano al debitor di età inferiore ai 18 anni, p. 119 e sgg.
Una die que est in mense febroarii, presentia bonorum hominum quorum nomina subter leguntur, |infra civitatem Pergami, per lignum quod in earum tenebant manibus Gisilbertus Brachaniola et |Iohannes Flacatorius dederunt guadiam Lanfranco et Dulci, germanis, de Iussianica, et posuerunt | fideiussorem Ioh(anne)m Caniacem, nominative pro filiis Ambrosii Aldeprandi infantulis, eo | tenore ut quando fuerint in etate legiptima quod debent facere ipsi aut | eorum heredes eidem Lanfranco et Dulci (a) aut eorum heredibus talem cartulam de tribus petiis | de terra, una casteneta et alia roboreta et tertia clausuriba cum tegia supra que sunt | posite in loco Ravariolo, qualem iudex laudavertit. Et si se subtraxerint, | et ut supra l(egitur) non adimpleverint, tunc obligaverunt se ipse Giselbertus et Iohannes Flacato|rius atque Ioh(anne)s Caniax componere eisdem (b) germanis aut eorum heredibus pene nomine ar|genti denarios bonos libras decem, et insuper per unamquamque tabulam de ipsa | terra denarios quattuor. Quia sic inter se convenerunt. Gaito, Otto de Muzo, |Ioh(anne)s Forex, Teudaldus de Bonate, Vuitardus ibi testes interfuerunt.Factum est hoc anno Domini mill(esimo) centesimo quarto, ind(ition)e duodecima (c). (SN) Lanfrancus notarius et causidicus interfui et rogatus scripsi. Et insuper, in ipsorum testium presentia, dederunt guadiam prenominati Gisil|bertus Brachaniola et Ioh(anne)s Flacatorius eidem Lanfranco et Dulci de Iussiani|ca si aparuerit eis placitum de s(upra)s(crip)ta terra donec filii Ambrosii Aldep|randi fecerint eis inde cartulam quod debent eis stare in omni auc|toritate ad defendendam in predicta pena obligata; et Ioh(anne)s | Caniax fideiussor.
(a) -i corr. da e mediante rasura dell'occhiello.
(b) -s- nell'interlineo.
(c) -a nell'interlineo per mancanza di spazio in fine rigo.
Edizione a cura di
Gianmarco De Angelis
Codifica a cura di
Gianmarco De Angelis