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Carta venditionis
1139 marzo, Castello dell'Isola Comacina.
Ugo, figlio del fu Litifredo, del luogo di Balbiano foris presso l'Isola Comacina, dichiara di avere ricevuto da Guido Fullo, del luogo di Roncale ma ora abitante a Campo, sei lire di denari d'argento e cinque soldi, quale prezzo della vendita di un torchio che si trova su una terra conciliva di Roncale, che prevede il pagamento di metà quartario di vino alla vicinanza di Lenno quale accola.
Originale, BAMi, Pergamene, n. 1392 [A].
Trascrizione: Bonomi, Diplomatum, BBMi, AE.XV.33, n. 28, pp. 76-78.
Regesti: Ferrario, Sommario cronologico, c. 442r; Bonomi, Synopsis cronologica, BBMi, AE.XV.33, c. 394v; Ceruti, BAMi, I 145 suss., n. 16, cc. 6v-7r; Bianchi, Inventario, BAMi, K 202 suss., n. 1392, e nella relativa scheda mobile dell'ordinamento cronologico.
Nel margine superiore sinistro del recto segnatura, pure di mano del Bianchi, che rimanda all'Inventario: "1392".
Nel verso, di epoca medievale: "Car(ta) d(e) Rodella (d(e) Rodella nel sopralineo corr. da d(e) Roncali depennato con un tratto orizzontale) facta ab Ugone d(e) Balbiano". Inoltre: segnatura di fase C: "I, n. 3"; regesto Ferrario. Altro regesto di età moderna (sec. XVIII). Infine: segnatura Bonomi, accompagnata da indicazione dell'anno: "28 .MCXXXIX."; segnatura Ceruti in pastello rosso: "16".
Regesto: MONNERET DE VILLARD, L'Isola Comacina, n. 164, p. 204.
Cf. BOGNETTI, Sulle origini dei comuni rurali, Appendice, n. 135, p. 250.
La pergamena (mm 194/184 x 179/171) presenta estese macchie scure, diffuse soprattutto nella parte sinistra del supporto. Modeste rosicature sono rilevabili nella parte superiore del margine laterale sinistro, con interessamento del dettato tra le righe 5 e 6. Si segnala un piccolo foro, dato da lacerazione, nell'interlineo tra le righe 12 e 13; un altro foro, dato invece da difetto di preparazione della membrana, è visibile tra le righe 8 e 9.
Rigatura a punta secca tracciata al verso.
Manufirmatio fittizia, con numero di croci non corrispondente al numero dei testimoni.
Il computo indizionale appare scorretto, cadendo il marzo del 1139 nell' indizione seconda e non nella terza, come erroneamente indicato nel documento.
(SN) Anno ab incarnatione domini nostri Iesu Christi millex(imo) centex(imo) trigeximo nono, m(en)se marcii indic(ione) t(er)cia. Constat | me Ugo, fil(ius) quondam Litifredi, de loco Balbiano foris prope Insula, accepisse sicuti et in presencia testium manifestus sum quod | accepi a te Guido Fullo, de loco Roncale set modo abitare videris loco Campo, argenti denariorum bonorum libras sex | et solidos quinque, finitum precium, sicut inter nos convenit, nominative pro stampa una (1), que est in terra conciliva, quam | [a]bere visus sum in suprascripto loco Roncale; coeret ei: a mane et meridie Inverardi, ab Aquilone mei supradicti venditoris, q(uod) | [i]n me reservo. Quam autem suprascriptam stampam, cum rogia et fine et accessione sua, ab hac die tibi cui supra Guido emptori meo ego | qui supra Ugo pro suprascripto precio vendo, trado, mancipo, ut facias exinde a presenti die tu heredesque tui seu cui vos dederitis, | dando aculum (2) medietatem unius quartarii de vino vicinancie de Lenno quicquid volueritis, sine omni | mea heredumque meorum contradicione. Quidem spondeo atque promitto me ęgo q(ui) supra Ugo, una cum meis heredibus, tibi cui supra | Guido tuisque heredibus seu cui vos dederitis suprascriptam rem venditam, qualiter superius legitur (a), ab omni homine defensare. Quod si defendere non | potuerimus aut contra hanc car(tam) vendicionis agere aut causare presumserimus, in duplum suprascriptam vendic(ionem) | restituere promittimus, sicut pro tempore fuerit aut valuerit sub estimacione in consimili loco, quia sic | inter nos convenit. Actum est hoc castro Insule. |
Signum † manus suprascripti Ugonis qui hanc (b) car(tam) vendic(ionis) fieri rogavit. |
Signa † manuum Ottoboni et Anselmi et Guidradi et Arderici testium. |
(SN) Ego Lanfrancus notarius et iudex sacri palacii hanc car(tam) vendic(ionis) (c) tradidi et postea scripsi.
(a) qualit(er) sup(erius) legit(ur) add. nell'interlineo in corrispondenza di ab o(mn)i homine.
(b) ha(n)c car(tam) da hoc b(re)ve, con -a- corr. da o e aggiunta di segno abbr. per la nasale (tratto orizzontale su a); b(re)ve depennato seguito da car(tam).
(c) A vedic(ionis).
(1) La nota dorsale dell'archivista dell'Acquafredda chiarisce il significato del termine "stampa" nell'uso locale: 1139 | marzo | vendita di una stampa, ò sia | torchio, sito a | Roncale. | Lenno.
(2) Nel documento è fatto riferimento al contratto agrario dell'accola, il cui uso confina una regione dagli specifici caratteri storico-culturali (in questa scrittura, il termine "accola" appare nel suo uso più antico, indicante il canone dovuto; in seguito, estendendo il suo significato, avrebbe indicato anche i beni affidati e il regime giuridico nel suo complesso). Tale contratto, infatti, "era conosciuto nel territorio comasco, mentre non è attestato nelle fonti edite e inedite delle regioni limitrofe" (DELLA MISERICORDIA, Un contratto agrario, p. 708). Per questo motivo necessita di una nota di rilievo, anche in considerazione della sua incidenza nel presente corpus documentario: sono ben dieci le attestazioni di accole presenti nelle scritture. Oltre a questo documento, si vedano anche i docc. n. 29, n. 36, n. 51, n. 92, n. 109, n. 132, n. 135, n. 136, n. 142. Per una presentazione esauriente dell'accola, con ricchezza di testimonianze a corredo, rimando al citato contributo di Della Misericordia, specifico sull'argomento; mentre qui ricordo soltanto che si trattava di "un contratto peculiare che istituiva condizioni molto favorevoli per i concessionari, in primo luogo il possesso perpetuo, in cambio di un modico censo. Lo scopo (...) non fu l'utile delle casse comunali, ma il vantaggio della popolazione locale, la sola ammessa al godimento degli immobili sottoposti a tale regime giuridico". (...) Le accole "regolarizzarono giuridicamente l'iniziativa degli uomini che trasformavano e si appropriavano dell'ambiente in cui vivevano" (ivi, pp. 711- 712). Tale regime giuridico "istituiva la divisione fra la proprietà eminente, che restava al comune, e il diritto utile, trasferito al massaro" (ivi, p. 754). Inoltre, come appare anche dalle scritture qui edite, l'utilista poteva disporre liberamente dei beni e procedere alla loro alienazione, trasferendo l'onere dell'accola: poteva subaffittarli, venderli, trasmetterli in eredità, impiegarli per costituire assegnazioni dotali, impegnarli come pegni, permutarli, donarli. Infine, "l'approdo ultimo per il massaro era il riscatto dell'accola, con un ulteriore versamento di denaro, che gli consentiva di ricomporre nelle sue mani la piena proprietà" (ivi, p. 723).
Edizione a cura di
Rita Pezzola
Codifica a cura di
Rita Pezzola