Lombardia Beni Culturali
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Carta sententie

1182 novembre 7, Pavia.

Nella controversia tra Valeriana badessa del monastero di <S. Maria> Teodote, da una parte, e Miliana monaca del monastero di S. Felice, rappresentante della badessa Cecilia, dall'altra, circa un ponte che quest'ultima ha innalzato sulla Carona, presso il mulino del proprio monastero, e del quale Valeriana chiede l'abbattimento, ritenendolo dannoso al letto della Carona, nonché circa alcuni edifici che a sua volta la badessa Valeriana ha costruito sul medesimo corso d'acqua e dei quali la controparte chiede la demolizione - così come è stato stabilito in una precedente sentenza da Carbone d e A u r e l l o -, poiché l'alveo deve risultare sgombro per l'estensione di nove piedi di Liutprando, Olderico M a o n u s, arbitro eletto dalle parti, insieme con Oprando V e x i l l i f e r u s, suo socio, sentenzia che il predetto ponte sia demolito e che vengano rimossi gli edifici in modo che non rimangano ostacoli alla pulitura dell'alveo.

Originale [A] Nel verso, di mano del notaio scritta illeggibile ricoperta da annotazioni moderne; di mano del XIII sec.: Cartam molandinorum; annotazioni moderne fra cui regesto del 1708.

La pergamena, molto usurata lungo le antiche piegature, presenta alcune macchie di umidità nella zona superiore. Se accettiamo, seppure con le dovute cautele, la misura che i metrologi hanno attribuito al piede di Liutprando in Pavia, ma anche in altri centri della Lombardia, m. 0,44 / 0,45, dobbiamo concludere che l'alveo della Carona doveva restare libero per una larghezza di m. 3,96 / 4,05 in ciascuna delle due sponde. Dando comunque per scontato che alla fine del secolo XII il pes Liprandus doveva corrispondere a una misura ormai consacrata dalla consuetudine e dalle regole, suona anacronistico il tentativo superstite di definirne la lunghezza mediante una sorta di antropometria empirica: novem pedes de duobus semissis mediocri hominis. E' la stessa formula, e la medesima uguaglianza, che troviamo in un documento del 907 maggio 13, rogato a Pavia: tales debeant esse ... falces prataricias ut sint unaquaque longa pedes legitimos duos manualis ad mediocrem hominem, quod sunt duos pedes, semisses quattuor, cf. PORRO-LAMBERTENGHI, Codex Diplomaticus Langobardiae, col. 731, n. 422 e MAZZI, Il piede Liprando, pp. 39-43. Più in generale, oltre a quest'ultima opera, si veda DELL'ACQUA, Del piede Liutprando, pp. 3-39. Il termine crenna, recuperato dal sostrato volgare (cf. GAMBINI, Vocabolario, p. 73), null'altro sembra indicare che un'intaccatura volontaria che i giudici di primo e di secondo grado hanno incisa sui muri dei mulini per delimitare i confini di edificabilità lungo la Carona. Circa il console di giustizia Carbone de Aurello, cf. anche PERONI, Il monastero di S. Maria Teodote, p. 24. La controversia tra i monasteri di S. Felice e di S. Maria Teodote intorno ai loro diritti sul letto del ramo occidentale della roggia Carona si protrarrà anche negli anni successivi. Si veda una sentenza del 1186 luglio 8, Pavia, emanata da Bignotto de Zimenasco, console di giustizia di Pavia (ASMi, FR p.a., cart. 670, S. Maria Teodote). Si veda anche qui doc. n. 40.

(SN) Anno dominice incar(nacionis) mill(esimo) cent(esimo) octuag(esimo) secundo (a), die dominica septima mensis nove(m)bris, indicione quinta decima. In Papia. Inter d(omi)nam Valeria|nam, abb(atiss)am monasterii Dodonis, ex una parte, nec non et d(omi)nam Milianam, monacham monasterii Sancti Felicis, nomine domine Cecilie abb(atiss)e eius|dem monasterii, nomine et vice ipsius monasterii, discordia vertebatur. Dicebat s(upra)s(crip)ta Valeriana pontem illum quem fecerat s(upra)s(crip)ta Cecilia supra Cadro|nam iusta molendinum eius deb(er)e destrui quia nocebat lectulo Cadrone; ipsa Miliana, nomine predicte abb(atiss)e Cecilie, e contrario respondens dicebat | non deb(er)e destrui quia nichil nocebat. Item inter eas discordia vertebatur: dicebat s(upra)s(crip)ta Miliana, nomine s(upra)s(crip)te Cecilie, edificia illa que s(upra)s(crip)ta Vale|riana fecerat supra ripam Cadrone deb(er)e destrui quia ripa debet esse libera ab utraque parte per novem pedes [lipra]ndos, causa proiciendi munda|turam, et sic inter s(upra)s(crip)ta monasteria fuit data sententia per Carbonem de Aurello (1) et ipsemet dicebat fecisse in muris molendinorum s(upra)s(crip)torum | monasteriorum crennas quousque ripa debet esse libera; ipsa Valeriana, nomine et vice s(upra)s(crip)ti monasterii Dodonis, e contrario respondebat dicens non | deb(er)e destrui quia nichil nocebant. Unde Oldericus Maçonus, arbiter electus a s(upra)s(crip)tis abb(atiss)is, per se et parabola Oprandi Vexilliferi socii sui, vi|sis et cognitis racionibus utriusque partis et dictis testium, talem inde inter eas sententiam promulgavit, videlicet quod pronuntiavit ut s(upra)s(crip)tus pons | destruatur et s(upra)s(crip)ta edificia destruantur usque ad crennas quas ipsi Oldericus et Oprandus fecer(unt) versus murum civitatis prout men|suraver(unt) scilicet novem pedes de duobus semissis mediocri hominis unusquisque pes, ab anglis muri molendinorum s(upra)s(crip)torum monasteriorum versus civi|tatem, et de cetero nullum inpedimentum ibi fiat nociturum mundature Cadrone quia cognov(it) crennas factas esse per s(upra)s(crip)tum Carbonem.
Predicti Oldericus et Oprandus hanc cartam fieri rogaver(unt).
Interfu(er)e Petrus Molendinarius, Albertus de Valede, Henricus de Veglevano e Ca(m)panesius | de Beccaria testes.
(SN) Ego Lafrancus de Mercato sacri palacii notarius hanc cartam rogatu s(upra)s(crip)torum Olderici et Oprandi scripsi.


(a) A s(e)c(un)da.

(1) Non si è reperito il doc. relativo.

Edizione a cura di Marina Milani
Codifica a cura di Andrea Bedina

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