Lombardia Beni Culturali
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Carta investiture

1198 marzo 31 e maggio 22, Casorate.

I consoli Giovanni Meria, Raffacane e Beroldo Grilius, agendo oltreché a titolo personale anche a nome del commune e degli altri homines di Casorate, insieme a Pietro Longus, pure di Casorate, dànno in investitura per vent'anni a Guglielmo detto de Beccaria, di Pavia, i boschi, i prati, <l'uso de> il ponte e <del> l'acqua di Casorasca e di Carpaneda, nonché il rivadegum e il terradegum - beni e diritti che essi tengono dal vescovo di Pavia e che a loro volta avevano dato in locazione al monastero di Morimondo -, con decorrenza a partire dalla scadenza del contratto stipulato con l'anzidetto monastero, e con l'obbligo per l'investito di corrispondere un canone annuo di cinquantacinque soldi pavesi, da versare a s. Martino o entro gli otto giorni successivi a Casorate, intus vixinadegum, riservandosi tuttavia il dominium dei medesimi beni per la caccia, l'irrigazione del lino, e per <potervi prelevare le risorse al fine di> pagare il fitto <al vescovo di Pavia> . L'investitura è confermata da diciannove vicini <dettagliatamente elencati> ; infine, il successivo 22 maggio Villano de Beccaria, podestà di Casorate e missus del vescovo di Pavia, ratifica il contenuto della carta e ordina al giudice Enrico <de Voghenzate> di registrarvi tale dichiarazione di volontà.

Originale, ASMi, AD, pergg., cart. 688 [A]. Regesto, BONOMI, Morimundensis, pp. 566-7, n. 280. Nel verso, di mano del sec. XIII: Investitio vicinorum in Guilielmum de Becaria; lettera v (sec. XIII?) di mano del sec. XV-XVI: Quedam investitura; segnatura Bonomi: 280. MCXCVIII. Investitura.

Cf. BOLLEA, La Zelata morimondese, p. 29.

La pergamena presenta, oltre a un trascurabile annerimento causato dall'umidità, una lacerazione al centro, in corrispondenza della settima riga. Tracce di rigatura a secco.
La redazione in mundum dell'investitura (a opera di Anricus de Voghenzate, su cui cf. nota introduttiva al doc. n. 282) non ebbe luogo prima del 22 maggio, data cui fa riferimento la ratifica della medesima a opera di Villano Beccaria, podestà di Casorate e missus del vescovo di Pavia. D'altra parte, ciò è confermato dalla presenza, nell'escatocollo, di due elementi inusuali: la formula della rogatio (due carte uno tenore ambe partes rogaverunt fieri et tradite sunt) e quella che introduce l'elenco dei testi (interfuerunt testes ibi ad hanc cartam tradandam). Entrambe, mentre rimandano esplicitamente alla stesura della minuta (o dell'imbreviatura), paiono nel contempo sottintendere come il perfezionamento del negozio (sia per quel che riguarda il contenuto, sia dal punto di vista della sua espressione formale) potesse avvenire solo mediante la sanzione della pars episcopi, titolare dei beni e diritti coinvolti dall'operazione. Ma la questione è assai più complicata: il 3 maggio del medesimo anno, infatti, un accordo parallelo (doc. n. 335) viene stipulato dagli homines di Casorate con il monastero di Morimondo (rinnovando cioè un rapporto già esistente tra le due parti, benché prossimo a scadenza), a condizioni tuttavia assai più vantaggiose, per la comunità, di quelle precisate nell'investitura a favore di Guglielmo Beccaria: minore ne risulta la durata prevista (dieci anni anziché venti), e più che doppio il canone annuo (sei lire in luogo di cinquantacinque soldi pavesi); diverso, inoltre, è il notaio (Iohannes Longus) cui viene affidata la formalizzazione del negozio. Anche questo doc., tuttavia, presenta un'articolazione complessa: fra la rogatio e l'elenco dei testi, al momento della stesura del mundum, viene lasciato appositamente libero uno spazio (quattro righe) poi destinato ad ospitare la ratifica dell'investitura da parte di alcuni membri della vicinia, occorsa in data 11 giugno; uguale conferma, poi, verrà data da altri homines in data 1201 novembre 11, e sarà registrata sulla medesima pergamena, dopo la completio, ma ad opera di una mano che non pare affatto quella di Iohannes Longus, bensì proprio quella di Anricus, rogatario del doc. qui edito. L'evoluzione della vicenda è attestata da altri docc. (senz'altro quelli editi, in questo volume, ai nn. 336 e 347); ma occorre, innanzitutto, sottolineare alcuni aspetti che (ovviamente insieme alla migliore 'offerta' messa sul tavolo delle trattative dalla parte morimondese) possono contribuire alla piena comprensione della duplice investitura e delle varie fasi che scandirono l'operazione: 1) una possibile, mancata omogeneità all'interno del commune di Casorate, o perlomeno l'esistenza, fra i membri della vicinia, di opinioni diverse riguardo alla gestione delle comunaglie (boschi, prati, diritti) di Casorasca e Carpaneda; 2) gli eventuali interessi del dominatus vescovile, cui molti tra gli homines di Casorate erano soggetti ver vincoli di fedeltà e giurisdizione, e le modalità con cui, perlomeno sin dall'inizio del sec. XII, il vescovo di Pavia aveva loro concesso la gestione e lo sfruttamento dei beni che costituivano la base patrimoniale della signoria.
1. L'investitura del Beccaria (doc. qui edito) è perfezionata in qualità di autori principali - anche a titolo personale oltreché nomine communis ... atque omnium hominum illorum qui habent partem nei beni in questione - da tre consoli: Giovanni Meria, Raffacane, Beroldo Grilius; ad essi si aggiunge Pietro Longus, pure di Casorate, ma che sembra agire qui fuori del contesto comunitario; nel testo, esaurite le modalità e le clausole del negozio, fa capolino una lista di diciannove nomi, costituenti il gruppo dei vicini che dànno il loro assenso a quanto era stato stabilito e che ordinano al rogatario di registrare nel doc. l'espressione della loro volontà. L'investitura a favore di Morimondo (stipulata non a Casorate, ma a Fallavecchia) ha per protagonisti, dalla parte dell'universitas, solo due dei tre consoli che avevano partecipato al precedente accordo (è assente Giovanni Meria), coadiuvati da dieci homines (tre dei quali non compaiono nel doc. qui edito, nemmeno per confermarne il dispositivo) e dal gastaldo del vescovo di Pavia, Pietro de Saborida. A questo punto, trascorsi solo alcuni giorni, Villano Beccaria, podestà di Casorate (officium di nomina episcopale), a nome del vescovo di Pavia sanziona l'accordo con Guglielmo; ancora poche settimane e, l'11 giugno, alcuni vicini che pure avevano già 'sottoscritto' il contratto con Guglielmo esprimono solenne promessa di tenere firmum et ratum il contratto stipulato con i monaci morimondesi, in compagnia di altri cinque rimasti viceversa estranei al perfezionamento dell'investitura precedente. Pochi giorni più in là (20 giugno, doc. n. 336) il già menzionato Pietro Longus riconosce per la sola quota di beni che gli spetta i diritti di Guglielmo Beccaria, sostanzialmente riconfermando la validità del negozio che aveva stipulato insieme ai consoli di Casorate. Alla fine dell'anno 1200 (doc. n. 347) Guglielmo Beccaria sembra effettivamente in possesso dei beni: infatti, in una sola carta, fa redigere una serie di confessiones relative al pagamento del fitto cui provvede, in giorni diversi, a favore di diversi homines di Casorate recatisi a Pavia, ciascuno saldato per la quota di sua spettanza. Alcuni di loro non avevano ratificato l'accordo con il monastero (Ottacio de Sala, Obizzone Cardanus); alcuni avevano (forse opportunisticamente) partecipato ad entrambe le operazioni (Ambrogio de ra Valle, Gerardo de Obizo); altri, però, pur presentandosi al cospetto di Guglielmo, si rifiutano di riceverne la propria parte di canone: tra questi Airoldo Rocius/de Roza, non compreso nel novero degli homines che avevano investito il Beccaria. Alla fine dell'anno successivo (1201 novembre 11), in calce alla carta investiture perfezionata con Morimondo, si aggiungono le conferme di altri sei vicini, tra i quali Giovanni Meria (uno dei tre consoli che si erano impegnati con Guglielmo) e tale Rosadino, che pure aveva già percepito dal Beccaria il fitto relativo all'anno precedente.
2. L'intervento di Villano Beccaria (1198 maggio 22) riflette esplicitamente il parere favorevole del vescovo riguardo al contratto stipulato dall'universitas con Guglielmo Beccaria: egli, infatti, agisce ex parte suprascripti episcopi, in qualità di suo missus, oltreché di podestà locale; ma Villano è anche (particolare non trascurabile) il padre dell'investito, come risulta da docc. successivi (cf. infra, in questa nota). Meno significativa, circa la posizione del presule, si direbbe la partecipazione del gastaldo Pietro de Saborida al negozio con Morimondo: egli non è, infatti, un funzionario estraneo agli interessi locali, ma anzi e soprattutto un membro della vicinia di Casorate. Sono, in ogni caso, elementi di difficile valutazione. Ciò che soprattutto sembra preoccupare il vescovo di Pavia è la spaccatura (o perlomeno l'emergere di atteggiamenti incoerenti) che affiora, nei mesi di maggio e di giugno del 1198, fra gli homines a lui sottoposti. In questo senso va probabilmente letto un doc. del 1198 contenente due consignationes, giurate dai capi dell'universitas rispettivamente il 15 ottobre a Casorate e il 26 ottobre a Pavia, relative a omnia iura et rationes et terras et possessiones ipsius episcopatus et ad episcopatum pertinentes positas in territorio et districtu ipsius loci; la prima definisce l'area di pertinenza vescovile del castrum di Casorate, il cui controllo è praticamente diviso a metà con l'arcivescovo di Milano (cf., al riguardo, FORZATTI, Le istituzioni ecclesiastiche, p. 222); la seconda, resa il 26 ottobre a Pavia, dinanzi al vescovo Bernardo e a nome del commune di Casorate da Airoldo de Rozo, Pietro Panicalis, Ottacio de Sala, Pietro de Saporita, Raffacane e Beroldo Grilius, ci informa quod ille viginti due sortes quas episcopatus Papiensis habet in loco de Casolate tenentur insimul, e che datur omni anno ipsi episcopatui fictum de ipsis viginti duabus sortibus, per laborantes ipsius loci, qui eas laborant, viginti duo modii blave (regesto in SAVIO, Pavia, p. 448; trascr. in PIROLA, I possessi del vescovo di Pavia, pp. 218-21; cf. anche FORZATTI, cit., e CERATI, Società, istituzioni ed economia, pp. 35-6). A fronte del disaccordo emerso nella vicinia per la gestione delle comunaglie, risultava palese il rischio di frammentazione cui poteva andare soggetto il complesso di quei beni: di qui la consignatio e la dichiarazione circa la loro conduzione unitaria (tenentur insimul), nonché la riaffermazione dei diritti del dominus (gli stessi, per quanto riguarda le ventidue sortes, che già erano stati patteggiati con gli homines di Casorate nel 1103 e nel 1118; i docc. sono editi entrambi in SAVIO, cit., rispettivamente a p. 418 e alle pp. 423-4).
L'evoluzione della vicenda configura, ovviamente, l'emergere di un contenzioso tra coloro che erano stati destinatari di investiture concomitanti; ne siamo informati da due cartule, rispettivamente del 1203 novembre 17, Pavia, e del 1203 novembre 18, Casorate (entrambe pervenuteci in originale e conservate in ASMi, AD, pergg., cart. 689 = BONOMI nn. 3 e 4): la prima contiene i capitoli autenticati dello scriptum concordie steso dal notaio pavese Ruffino Miracula, arbitro designato, insieme a Lanfranco Licardus, dai monaci di Morimondo e da Guglielmo Beccaria, in merito alla questione di Casorasca; l'altra configura l'adesione alla transazione da parte di Villano Beccaria, padre di Guglielmo, e dell'altro suo figlio Giacomo (fratello di Guglielmo), nei termini peraltro già previsti e messi per iscritto nel doc. precedente. Questi sono i punti dell'accordo stipulato tra Morimondo e Guglielmo Beccaria (doc. del 17 novembre): 1) Guglielmo dovrà perfezionare a favore del monastero una refuta relativa ai beni e ai diritti di cui era stato investito dall'universitas di Casorate; 2) uguale operazione dovrà compiere nei confronti degli homines di Casorate, nominative de aliquo interesse et iure che poteva da loro esigere nomine seu occasione suprascriptarum rerum; 3) dovrà rinunciare, impegnandosi anche per il padre, gli eredi, i consorti, i creditori, il fratello ed eventualmente anche per la moglie, a proseguire qualsivoglia azione giudiziaria al riguardo; 4) dovrà eventualmente risarcire il monastero per danni dipendenti dall'aver egli fatto aliquod datum di tali beni alicui vel aliquibus; 5) dovrà consegnare all'abate omnia instrumenta et scripta que habet de suprascriptis rebus per aliquem modum, provvedendo a recuperare i pezzi che, per qualunque motivo, risultassero in possesso di altri (impegno rispettato, e che giustifica la presenza nell'archivio monastico del doc. qui edito e del n. 336; cf., inoltre, la nota di mano del sec. XIII presente nel verso della copia semplice che ci ha tramandato, insieme all'originale, il doc. n. 335). Dal canto suo, l'abate e i monaci di Morimondo dovranno: 1) versare a Guglielmo una somma variabile tra le 125 e le 128 lire pavesi, rispettando la stima e la scadenza che saranno decise dai due arbitri; 2) facere finem et reffutacionem et pacem ipsi Guilielmo et parti sue, nomine monasterii, de illo maleficio unde eum calumpniaverunt; 3) rinunziare al tentativo di rivalersi de omnibus fructibus quos ipse Guilielmus inde habuit; 4) impegnarsi a far sì che gli homines di Casorate rinunzino a rivendicare nei confronti di Guglielmo il pagamento di fitti arretrati o a richiederli per il futuro.
L'amichevole soluzione della controversia per i beni e i diritti di Casorasca costerà al monastero - secondo quanto dichiarato da Villano Beccaria in calce al dispositivo del doc. datato 18 novembre - ben centoventisei lire e mezzo; mentre null'altro è dato sapere circa il terzo protagonista, la vicinia di Casorate, se non che nel 1211 si troverà costretta a fare refuta nei confronti del vescovo Bernardo de omni iure et actione quod et quas ipsi homines habebant ad exigendum et aliquo modo possent exigere in boschis illis insimul tenentibus que iacent prope Ticinum, qui boschi appellantur la Casolascha et la Carpaneta, et in illis pratis omnibus de Coronago, quos boschos et prata ipsi homines consueverant tenere ad fictum ex parte ipsius episcopatus, ottenendo in cambio - ma condizionata all'assenza di futuri tentativi di rivalsa - soltanto la remissione di tutte le biade (universam blavam) che non era stata in grado di versare, o non aveva più voluto versare, per il fitto, al suo antico dominus (il doc., in copia settecentesca, è conservato in ACVPv, Vescovi, 4; regesto in SAVIO, cit., p.451; cf. anche CERATI, cit., pp. 38-9).

(SN) Anno dominice incar(nationis) mill(eximo) cent(eximo) nonogeximo octavo, die martis ultimo die mensis marcii, indic(ione) prima. In loco Casorate, sub porticum (a) vicinorum. In presentia testium qui subter leguntur, in|vestiver(unt)Ioh(anne)s Meria et Raffacanus et Beroldus Grilius, cusules s(upra)s(crip)ti loci, suo nomine et nomine co(mmun)is (b) s(upra)s(crip)ti loci atque (c) omnium hominum illorum qui habent partem in (d) infrascripta Casorasca et Carpaneda, et cum eis Petrus Longus, | de s(upra)s(crip)to loco, Guilielmum qui d(icitu)r de Beccaria, de civitate Papie, et ad partem suorum heredum et cui dederint, nominative de Casorasca seu Carpaneda, quam ipsi homines de Casorate habent et detinent (e) nomine ep(iscop)i de Papia, | sicut illi de Mor(imondo) detinent ad fictum ab illis hominibus (f) de Casorate, et in tenudam et in possesionem de s(upra)s(crip)ta Casorasca seu Carpaneda et de omnibus earum pertinenciis et ingresibus s(upra)s(crip)tum Guilielmum ibi posuer(unt), | et omne suum ius et omnes acciones utiles et directas, reales et personales quod et quas ipsi homines habent in s(upra)s(crip)ta Casorasca seu Carpaneda ullo m(od)o, et videbantur habere, eidem Guilielmo ibi deder(unt), ita ut | a termino (g) illorum de Morimondo quod quondam datum habent in antea, h(abe)ant (h) et teneant et possideant et usufruere debeant s(upra)s(crip)tus Guilielmus et sui heredes et cui dederit, usque ad viginti annos proximos inde | venientes, s(upra)s(crip)tam Casorascam seu Carpanedam (i), silicet pratum et buscos et pontem et aquam et riva[de]g[um et ter]radegum, omnia ex omnibus inintegrum, sicut illis hominibus de Casorate pertinet vel eis pertinere posset ulo m(od)o, | sine omni nostra contradic(ione) et (j) nostrorum heredum nostrorumque vicinorum, faciendo omni anno, a termino illorum de Morimondo (k) in antea, in omni (l) festo sancti Martini (m) vel ad octo dies proximos usque ad viginti annos proximos, | sol(idorum) (n) quinquaginta et quinque Pap(iensium) pro s(upra)s(crip)ta Casorasca seu Carpaneda, datis in loco Casorate, intus vixinadegum, illis consulibus de Casorate qui pro te(m)pore er(unt) cusules (o), ad partem et ultilitatem omnium illorum | hominum qui habent partem intus s(upra)s(crip)tam Casorasca seu Carpaneda, et reservando in se s(upra)s(crip)ti consules, ex parte omnium alliorum suorum vicinorum (p) qui habent secum partem (q) in s(upra)s(crip)ta Casorasca seu Carpaneda, dominium | s(upra)s(crip)te Casorasche seu Carpanede pro suum caciare et linum adaquare et ficto solvere; insuper convenit et promisit ibi s(upra)s(crip)tus Guilielmus per se, una cum suis heredibus et cui dederit, obl(igando) omnia sua bona | pignori, s(upra)s(crip)tis consulibus et s(upra)s(crip)to Petro, ad partem omnium alliorum suorum vicinorum qui habent partem in s(upra)s(crip)to ficto, quod si bene non solverit s(upra)s(crip)tum fictum omni anno ad terminum (r), ut supra l(egitur), et ipsi consules de Casorate | qui pro te(m)pore (s) er(unt) constituti fecerint (t) alliquod dispendium pro s(upra)s(crip)to ficto petendo vel exscutiendo vel ab allio homine mutuando, quod restituet id (u) totum, remota omni exeptione et omni occasione legum, unde ipse (v) | fideiusit; ipsi vero consules et Petrus, per se et ex parte omnium alliorum suorum vicinorum de Casorate qui habent partem in s(upra)s(crip)ta Casorasca seu Carpaneda, promiser(unt) et convener(unt) s(upra)s(crip)to Guilielmo, una cum suis heredibus, obl(igando) omnia | sua bona pignori, quod defendere et guarentare et disbregare habent s(upra)s(crip)tam Casorasca ab omni contradicente persona omni t(em)pore, a termino illorum de Mor(imondo) in antea, usque ad terminum supra positum viginti annorum, | cum iure et racione, eidem Guilielmo et suo heredi et cui dederit. Ibique fuit de vicinis s(upra)s(crip)ti loci, qui habent partem in s(upra)s(crip)ta Casorasca seu Carpaneda, Otto de ra Valle et Adobadus qui d(icitu)r de Moneta et Landu|lfus Grilius et Petrus Panigada et Petrinus eius filius et Sozo Stornus et Petrus Rastellus et Marchixius Scara et Ambr(oxius) de ra Valle et Ottacius de ra Sara et Anricus Grilius et Ioh(anne)s Corvus et Obizo Gardanus et Anselmus Grilius | et Ioh(anne)s de Iacoppo et Girardus de Obizo et Landulfus Toscanus et Honricus Stornus et Ioh(anne)s qui d(icitu)r de Calvignasco, qui omnes ad hoc confirmandum (w) et asentiendum hanc car(tam) fieri (x) firmaver(unt) et parabolam iudici | deder(unt) ut eos in ista car(ta) scriberet, unusquisque sua voluntate (y) et per eorum parabolam (z) in hac car(ta) eos firmare sine dubio. Insuper convener(unt) (aa) s(upra)s(crip)ti consules et Petrus ibi s(upra)s(crip)to Guilielmo quod habent designare | et determinare s(upra)s(crip)tam Casorascam seu Carpanedam, et sicut determinaverint sic defendent cum iure et racione usque ad costitutum (bb) t(e)r(minum), renuendo (cc) omni (dd) auxilio legum. Unde due car(te) uno tenore | ambe partes rogaver(unt) fieri et tradite sunt. Quia sic inter eos convenit.
Dominus Villanus de Beccaria, potestas de Casorate et missus domini ep(iscop)i de Papia, ex parte s(upra)s(crip)ti ep(iscop)i, die iovis undecimo kal(endas) iunii, in s(upra)s(crip)ta incar(natione) et indic(ione), hanc car(tam) firmavit et parabolam Anrico iudici ut | eum in hac car(ta) scriberet et firmaret dedit.
Interfuer(unt) testes ibi ad hanc car(tam) tradandam Ubertus de Boso et Mussus Rampottus et Mantellus et Rogerius de Boso et multi allii homines, qui hic non sunt scripti in hac car(ta).
(SN) Ego Anricus iudex qui dicor de Voghenzate (ee), m(od)o habitator in burgo Roxate, hanc cartam (ff) tradidi et scripsi.


(a) -c- corr. da altra lettera.
(b) -o- corr. da u; -s corr. da altra lettera.
(c) atq(ue) su rasura.
(d) A om. in.
(e) d- corr. da t.
(f) -ib- corr. da u.
(g) a t(er)- su rasura.
(h) -an- su rasura.
(i) -p- corr. da lettera principiata.
(j) et (nota tironiana) nell'interlineo, con segno di richiamo.
(k) A Morimodo.
(l) A o(mn)ie.
(m) Su -ar- segno abbr. (trattino orizzontale) superfluo.
(n) Si sottintenda fictum.
(o) c- corr. da altra lettera, come pare.
(p) -n- corr. da altra lettera, come pare.
(q) Su -a- segno abbr. (trattino orizzontale) superfluo.
(r) I primi due tratti di -m- corr. da altra lettera.
(s) Segno abbr. (trattino orizzontale) superfluo intersecante l'asta di -p-.
(t) A fecerit.
(u) -d corr. da lettera principiata.
(v) -e corr. da i(us), con rasura del segno abbr.
(w) A co(n)firmadu(m).
(x) -e- corr. da altra lettera.
(y) A volutate.
(z) Segue eos cassato mediante sottolineatura.
(aa) A coven(e)r(unt).
(bb) Sulla prima u segno abbr. (trattino orizzontale) superfluo.
(cc) Così A (cf. anche doc. n. 287, nota k), in luogo di renuntiando.
(dd) o(mn)i nell'interlineo, preceduto da lettera cassata mediante spandimento volontario dell'inchiostro.
(ee) A Voghente.
(ff) A car, senza segno abbr.

Edizione a cura di Michele Ansani
Codifica a cura di Gianmarco Cossandi

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