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<Dicta testium>
<1186 aprile 19, prima del>.
Deposizioni dei testi prodotti dalla pieve <di S. Vittore> di Casorate <rese dinanzi agli arbitri designati Gibuino, preposito di S. Giorgio al Palazzo, ed Enrico, arciprete della canonica dei decumani di Milano, nell'àmbito della causa contro il monastero di S. Maria di Morimondo, cui la pieve contesta il possesso di un manso, di un sedime, di arredi e paramenti sacri della chiesa di S. Giorgio di Fallavecchia, nonché l'esercizio di diritti di decima, la distruzione dei cimiteri della predetta chiesa di S. Giorgio e di quella di S. Ambrogio di Farizola, gli impedimenti relativi al normale svolgimento delle litanie, oltreché l'avvio della costruzione della nuova chiesa monastica sul territorio della pieve di Casorate> .
Minuta, ASMi, AD, pergg., cart. 688 [M]. Copia, BONOMI, Morimundensis, pp. 570-4, n. 288.
Nel verso, di mano coeva: Testes Casolate et S[ancti Ambro]sii; segnatura Bonomi: 288. MCXCIX. Deposizioni de testimonii.
Cf. TURAZZA, Casorate Primo, p. 81; KINGSLEY PORTER, Lombard Architecture, III, pp. 77-8; PARODI, Il monastero di Morimondo, pp. 69-70; BELLINI, Le origini di Morimondo, pp. 53, 57; PALESTRA, Ricerche sulla vita comune del clero, pp. 145-6; VIOLANTE, Pievi e parrocchie, pp. 740-1, 782-3.
La pergamena presenta, oltre a qualche rosicatura nella zona superiore destra, varie macchie e abrasioni, un generale annerimento e una lacerazione al centro, fra la tredicesima e la quattordicesima riga. Rigatura a piombo, anche con le linee verticali delimitanti lo specchio di scrittura.
Entro gli ultimi decenni del sec. XII si avvia e progredisce la costruzione dei nuovi, grandi edifici monastici. L'inizio dei lavori è tradizionalmente fissato nel 1182 o nel 1186 (ma talora anche nel 1192) in base a documenti epigrafici di epoca incerta - non più leggibili oggi, ma tramandati dall'erudizione seicentesca (cf. PUCCINELLI, Memorie antiche di Milano, p. 38; PURICELLI, De SS. Martyribus, p. 533; cf. anche KINGSLEY PORTER, p. 76, nota 18; CAVAGNA SANGIULIANI, L'abbazia di Morimondo, p. 44; SANT'AMBROGIO, La badia di Morimondo, p. 144; PARODI, p. 77; OCCHIPINTI, Il monastero di Morimondo, p. 547) -, debolmente suffragati da riferimenti contenuti nelle fonti d'archivio. Ma la 'rifondazione' dell'abbazia coincide, o perlomeno sembra coincidere, in un rapporto di causa-effetto, con la recrudescenza dei contrasti tra Morimondo e la pieve di Casorate: quest'ultima tornava infatti a sollevare questioni che, in parte, erano state regolate già nel 1154 dall'arcivescovo Oberto de Pirovano, mediante una sentenza che (sostanzialmente) manteneva i cisterciensi nel controllo dell'area in cui si erano stanziati e delle terre che avevano costituito - per via di donazioni e acquisti - il primo nucleo del loro cospicuo patrimonio fondiario (cf. Le carte di Morimondo, I, doc. n. 155, pp. 303-6, nonché ivi, Appendice, n. 21, pp. 477-8). Di questa nuova fase del contenzioso l'archivio monastico ci ha trasmesso un ampio, benché incompleto dossier, composto di una quindicina di pergamene, cui vanno aggiunti almeno quattro pezzi, purtroppo deperditi, di cui è rimasta esplicita menzione all'interno di altri docc. (di questi, tre sono qui recuperati con regesto autonomo ai nn. 279, 280 e 283; del quarto si posseggono elementi insufficienti per un'analoga operazione: cf. nota introduttiva al doc. n. 294). Non tutti saranno compresi nella presente edizione, poiché in parte ne travalicano i limiti temporali; taluni, privi di coordinate croniche, presentano problemi di datazione, mentre di altri è stato fatto uso equivocando proprio sui dati cronici, con effetti distorsivi sulla ricostruzione della vicenda, e altri ancora - forse perché, oltrepassando la soglia del sec. XII, assenti dalla silloge manoscritta del Bonomi - sono stati totalmente ignorati. La datazione proposta dal Bonomi per il pezzo qui edito (a. 1199) - accettata peraltro da PALESTRA e, sulla base di quest'ultimo, ripresa anche da VIOLANTE - tiene conto della commissio causae deliberata da Innocenzo III nelle persone di Giustamonte de Turre e Pietro Gaspare Menclocius (ordinari della Chiesa milanese) in data 1199 maggio 11 (doc. n. 340), su istanza del preposito di Casorate, ai fini di un riesame della lite già prima di allora intercorsa tra la pieve e il monastero e, in particolare, onde ristabilire la verità in merito al contenuto della sentenza pronunciata dagli arbitri che le parti avevano concordemente designato, ovvero Gibuino, preposito di S. Giorgio al Palazzo, ed Enrico, arciprete della canonica dei decumani di Milano; il doc. precede entro la silloge Bonomi le deposizioni testimoniali, stabilendo perciò un legame favorito dalla corrispondenza tra i capitoli del contenzioso enumerati nel provvedimento pontificio (ma solo in quanto già trattati da Gibuino ed Enrico) e le questioni su cui convergono le singole testimonianze. Riteniamo, tuttavia, che si tratti proprio di un frammento (circa l'incompletezza di esso si legga la prima deposizione, in cui il discorso diretto si interrompe per cedere il posto a una veloce sequenza di affermazioni coincidenti con quelle di un teste precedente, che la pergamena non riporta) della verbalizzazione delle dichiarazioni rese dai testes di Casorate nell'àmbito della procedura arbitrale anzidetta, e che il terminus ante quem coincida con la data della conseguente sentenza (1186 aprile 19: cf. n. 279, e relativa nota di commento); ma a distanziarlo dallo scorcio del XII risultano sufficienti gli argomenti affrontati nel corso dell'interrogatorio: essi riguardano solo e direttamente le questioni di fondo che opponevano il monastero alla pieve, e i testimoni vengono sollecitati a narrare episodi (vissuti personalmente o riportandoli per sentito dire) volti a dimostrare l'effettiva appartenenza al plebeio di Casorate della chiesa di S. Ambrogio, della villa antiqua que dicebatur Farizola, della terra ubi est Morimondum et ubi fit ecclesia nova; evocando la consuetudine di portare i bambini nati in quelle terre ad baptismum et ad scrutinium ad ipsam plebem; ricordando le messe celebrate dal preposito nella chiesa di S. Ambrogio, e le processioni del popolo e dei chierici che toccavano, oltre a questa chiesa, quelle di Coronate e di Basiano, e precisando come i cisterciensi - nonostante l'inibizione dell'arcivescovo Galdino - tentassero di impedire l'accesso alla suddetta chiesa scavando un nuovo fossato nelle immediate vicinanze di essa, riempendo quello preesistente, più distante dalla chiesa; raccontando dei teschi riemersi dalle fosse che i monaci venivano scavando, distruggendo l'antico cimitero; affermando coralmente che il sedime sito nelle immediate vicinanze della chiesa di S. Ambrogio, in parte utilizzato dai monaci per impiantarvi una vigna, in parte per avviarvi la costruzione della nuova chiesa, era di proprietà di S. Ambrogio, ed era lì che, un tempo, abitavano i Muzaluganici, e così via. Non v'è alcun riferimento a sentenze contestate, accettate o impugnate, a giuramenti prestati o non prestati, a transazioni già stipulate (cf. i docc. successivi al mandato apostolico del 1199, editi ai nn. 343, 344 e 345; cf. anche i nn. 283, 284, 294 e le rispettive note di commento): il che lascia evidentemente pensare che ancora non v'era stato alcun pronunciamento su tutta la materia contenziosa, né alcun accordo fra le parti in merito a singoli capitoli di essa. A conferma di tutto ciò vi sono le coordinate temporali entro cui alcuni dei testimoni dispongono i fatti di cui conservano la memoria, del tutto incompatibili con una datazione che riconduca l'interrogatorio allo scorcio del sec. XII. Pietro de Panigada, i cui ricordi risalgono di almeno un quarantennio, rievoca il placitum dato da prete Bruniolo ai monaci morimondesi sub archiepiscopo Uberto, riferendosi certamente alla controversia risolta da Oberto de Pirovano nel febbraio del 1154 con una sentenza (cit. supra) del tutto favorevole al monastero, a fronte delle rivendicazioni avanzate dai rappresentanti della pieve (tra i quali vi era proprio Bruniolo) circa diciassette appezzamenti siti nel territorio di Morimondo, quas eis restitui postulabant, pro eo quod de iure et proprietate ecclesie Sancti Ambroxii que dicitur a Farizola, que est capella ecclesie et plebis Sancti Victoris de Casolate, esse allegabant; un riferimento che non potrebbe certo coinvolgere la memoria diretta del teste, qualora l'interrogatorio si fosse svolto tra il 1199 e il 1200, quando dall'episodio menzionato era trascorso più di mezzo secolo. Anche le dichiarazioni di Giovanni, un altro chierico casoratese, si prestano a un confronto - forse ancor più significativo - di dati cronologici. Egli narra un episodio accaduto quindici anni addietro: aveva accompagnato a Coronate, ad dandam penitentiam cuidam femine infirmanti, il solito prete Bruniolo, che vi era stato invitato da un monaco di S. Celso; altri docc. ci informano circa il radicamento patrimoniale del monastero milanese nell'area di espansione morimondese, non disgiunto peraltro da un qualche genere di controllo sulla chiesa di S. Maria in Coronate: tale presenza viene a cessare del tutto dopo la vendita del 1181 luglio 2 (doc. n. 263), che sancisce l'alienazione a favore di Morimondo non solo di tutti i beni detenuti da S. Celso nell'intera area, comprendente Basiano e la fascia di territorio che si estendeva sino a Rosate, ma anche dei diritti sull'anzidetta chiesa di S. Maria e dei corrispondenti doveri nei confronti della Chiesa pavese, da cui essa direttamente dipendeva. Oltre quell'epoca, pertanto, è difficile immaginare la presenza in Coronate e l'esercizio di particolari funzioni da parte di monaci di S. Celso; e anche ciò contribuisce a rendere la data attribuita al verbale dal Bonomi incompatibile con i riferimenti temporali offerti dalle singole testimonianze. Siamo sicuramente in presenza, dunque, di alcune deposizioni rese al cospetto di Gibuino e dell'arciprete della canonica dei decumani, il cui pronunciamento (1186 aprile 19) non può che costituirne il terminus ante quem (per l'altro estremo, con riferimento all'avvio della causa, cf. la nota che accompagna il n. 279); e si tratta delle stesse testimonianze, peraltro, che verranno riesaminate da Giustamonte de Turre e Pietro Gaspare Menclocius, e di cui esplicitamente essi dichiareranno di aver tenuto conto (visis itaque instrumentis et allegationibus ... et attestationibus tam in causa sub preposito Gibuino et quondam Henrico archipresbitero decumanorum sotio suo quam in hac causa productis) al momento di introdurre il tenore della loro sentenza (doc. n. 344), e in base alle quali il preposito di Casorate aveva reclamato l'actio in rem, affermando se per testes probasse et per consentientem famam predictum mansum et sedimen ad predictam ecclesiam Sancti Ambrosii et sic ad plebem suam pertinere (ivi). Agli effetti della sentenza, ovvero nell'àmbito di successive fasi del contenzioso, va ricondotto l'assorbimento del verbale nell'archivio monastico; e ciò sembra poter essere indirettamente confermato dall'assenza, nel verso della pergamena, di annotazioni normalmente presenti anche a tergo di munimina confluiti nel tabularium entro pressoché tutto il sec. XII (il riferimento è alla mano definita 'X': cf. Le carte cit., Introduzione, p. XXXIX-XL).
Se, come c'è ragione di credere, la data ante quem proposta per questo pezzo d'archivio non è suscettibile di ulteriori critiche o precisazioni, potremo utilizzare le vivaci testimonianze che ci tramanda per mettere perlomeno un piccolo punto fermo sulla cronologia della nuova costruzione morimondese, cui si era accennato giusto in apertura di questa nota. Sono infatti assai significative, al riguardo, le dichiarazioni rese dagli ultimi due testes registrati nella pergamena, rispettivamente Guercio, diaconus plebis de Casolate, e Tuttobene, titulatus in ipsa plebe, che era stato peraltro già sentito in precedenza, ma su altre questioni. Il primo sostiene di essersi recato, ab annis .II. infra et ab uno supra, sullo stesso luogo ove Pagano, preposito di Casorate, aveva intimato ai magistri e agli operarii della nuova fabbrica morimondese l'interruzione dei lavori, quia super terra plebis fiebat; all'ordine seguì, da parte del preposito fiancheggiato soltanto dal giovane Guercio, un simbolico lancio di pietre supra illud opus. La circostanza si ripeterà, o si era già verificata in precedenza, come afferma il teste successivo (Tuttobene). Anche a lui era capitato di trovarsi da solo in compagnia di Pagano, là dove si stava innalzando la nuova chiesa, mentre magistrii et operarii laborabant, explanabant terram et piccabant petras: il preposito, dicendo di parlare ex parte archiepiscopi, li aveva ammoniti ne facerent opus illud, astenendosi questa volta dal procedere a vie di fatto. Tuttobene non ricorda il giorno o il mese; ma era estate, o primavera avanzata (flores habebant pira et poma). Rispetto all'epoca in cui rendono testimonianza, Guercio e Tuttobene riportano gli episodi narrati indietro di uno, due o tre anni; non più di tre, non meno di uno. Essi avevano assistito alle prime fasi di un infinito cantiere, e visto in volto coloro che, tra il 1183 e il 1185, stavano gettando le fondamenta e preparando i materiali da costruzione della nuova chiesa monastica, affollando per primi un cantiere che, chiuso solo alla fine del secolo successivo, vedrà impegnate molte generazioni di magistri et operarii.
Sul piano paleografico, sembra possibile attribuire la stesura del 'verbale' al notaio Giovanni Coallia, attivo perlomeno nell'ultimo trentennio del sec. XII, cui le stesse parti qui coinvolte affideranno, nel 1189, l'espressione documentaria di una transazione (doc. n. 294) occorsa a seguito di un'ulteriore evoluzione del contenzioso.
Testes plebis de Casolate. § Petrus Panigada, de (a) loco | Casolate, iur(atus) dixit: 'Ego recordor (b) annos .XL., et visum habeo, | a trigintasex annis infra, populum et clericos de Casolate annuatim i[re]| ad letanias ad ecclesiam Sancti Ambrosii, et auditum habeo a meis maio[ribus quod]| ipsa ecclesia habuit mansum .I. terre inter stratam de Albariate et strat[am [.......]]| et decimam eiusdem mansi, et sedimen .I. iuxta ecclesiam, in parte cuius plantat[a est]| vinea a monachis et factum fossatum, et quod Muzaluganici (c) habitaverunt | in sedimine .I. prefate plebis, ibi ubi fit ecclesia nova Morimundi, aut ibi | prope'; de ecclesia Sancti Ambrosii et de terra ubi est Morimundum, et ubi fit ecclesia nova, | et de villa antiqua que dicebatur Farizola, quod sint de plebeio Casolate et infra plebis | confines, et de Colonago et Fara Basiliana et ecclesiis ipsorum locorum, et de pueris eorumdem | locorum ductis ad baptismum et ad scrutinium (d), et de cimiteriis Sancti Ambrosii (e) et Sancti Geor|gii, de fossis et viis destructis, et ca(m)pana et libris et paramentis Sancti Georgii, et quod ecclesia Sancti | Ambrosii cum suis possessionibus fuit benefitium unius clerici de Casolate, dixit | idem quod Obizo, 'et audivi quod monachi dimiserunt laborare terram Sancti Ambrosii | propter placitum (1) quod dedit eis presbiter Bruniolus sub archiep(iscop)o Uberto (2), et postea, guerra | superveniente, audivi quod laboraverunt; item audivi quod homines de Colonago et | Fara Basiliana ibant (f) cum presbitero ipsius plebis ad archiepiscopum pro penitentia de crimi|nalibus peccatis'. § Maxottus de Basiliano, qui habitat in loco Casolate, iur(atus) dixit idem | quod s(upra)s(crip)tus Petrus de visu letaniarum ad ecclesiam Sancti A(m)brosii, et per auditum idem quod Petrus | de manso terre iuxta ecclesiam vel ibi prope, et de sedimine iuxta ecclesiam et de terra ubi est | Morimundum et ubi ecclesia nova fit, et de Farizola antiqua villa, quod sint de ple|beio Casolate et infra plebis confines, et de Colonago et Fara Basiliana et ecclesiis ipsorum | locorum, et de pueris ductis ad baptismum et ad scrutinium ad ipsam plebem, et de cimiteriis | et viis destructis et ca(m)pana Sancti Georgii, et de penitentia criminalium peccatorum; de aliis | nescivit dicere. § Ioh(anne)s, clericus ipsius plebis, iur(atus) dixit: 'Ego fui cum preposito Pagano | ipsius plebis, a tribus annis infra et ab uno supra, in celebranda missa in ecclesia Sancti Ambro|sii, unde est controversia, in feriis de Pasca Resurrectionis, in festo sancti Ambrosii, | et misit Tutobenum filium Fillippi Ferrarii, scolarem, Morimundum, pro vino et aqua | et foco, et ipse attulit inde nobis eas res; et tunc, ante celebrationem misse, invenimus | ibi, in fovea quam illi de Morimundo fecerunt et cretam inde abstulerunt, caput | hominis mortui, et reposuimus illud in fenestra ipsius ecclesie; item ivi cum presbitero Bruniolo | Colonagum, ad dandam penitentiam cuidam femine (g) infirmanti, qui fuerat invitatus | a monacho Sancti Celsi, et formagia .I. fuit data ipsi presbitero, quam duxi domum, et circa | .XV. annos sunt quod hoc fuit, set nu(m)quam vidi quod missa fuerit celebrata per illos de Caso|late ibi, nec mortuum seppellire; et ante illud te(m)pus similiter ivi cum eodem presbitero | Colonagum, invitato a quodam vicino ipsius loci, quia non erat ibi tunc monachus pro ba|ptizando puero vel puella, et multociens ivi cum clericis et populo de Casolate ad | letanias ad ecclesiam Sancti Ambrosii et de Colonago et [de][Fa]ra Basiliana, nemine prohibente'. | § Tutobenus, filius Fillippi Ferrarii et clericus plebis de Casolate, iur(atus) dixit idem quod Ioh(anne)s | clericus de celebratione misse in ipsa ecclesia, et quod interfuit misse, et quod ipsemet attu|lit vinum et aquam et focum illuc a predicto monasterio ex precepto Pagani prepositi, et quod | dixit portinariis qui (h) dederant sibi vinum et aquam et focum ut venirent ad ipsam | missam; de capite hominis mortui dixit quod credit eos invenisse, set non vidit. | § Borcius, de loco Casolate, iur(atus) dixit: 'A destructione Mediolani infra semper habeo vi|sum clericos et populum de Casolate ire ad letanias ad ecclesiam Sancti Ambrosii, unde est | discordia, et ad ecclesias (i) Colonagi (j) et Fare Basiliane et Fare Vegie, et semel volue|runt prohibere illi de Morimundo ire ad letanias ad ecclesiam castri Fare Basiliane, | et egomet fregi portam, et ivimus, et postea questio fuit, id(est) sub archiep(iscop)o Galdino (3), et ipse | precepit eis ne de cetero prohiberent; et vidi explanatum fossatum (k) vetus | quod erat ante ecclesiam Sancti Ambrosii, et quod distabat plus de brachiis .XXX. ab ecclesia, | et postea fecerunt illi de Morimundo aliud fossatum, quod est non multum longe ab ecclesia, | et audivi a patre meo et ab aliis hominibus ecclesiam (l) Sancti Ambr(osii) s(upra)s(crip)tam hab(er)e (m) | ibi iuxta ecclesiam sedimen .I. et mansum .I. terre et decimam eiusdem mansi, et sedimen .I. ibi | ubi fit ecclesia nova, in quo habitaverunt Muzaluganici, sicut audivi'. Int(e)r(rogatus) si ecclesia | Sancti Ambrosii et terra ubi fit ecclesia Morimundi est de plebeio Casolate et infra terminos | plebis, r(espondit): 'sic'; et si illi de Morimundo destruxerunt vias per quas illi de Casolate ad | letanias soliti sunt ire, et cimiteria Sancti Ambrosii et Sancti Georgii, r(espondit): 'sic', et dixit quod a sex | annis infra bis vidit prepositum de Casolate ire ad cantandam missam ad ecclesiam Sancti | Ambrosii; et de ca(m)pana et libris et paramentis dixit idem quod primus, per auditum. § Ioh(anne)s Grillius, | de loco Casolate, iur(atus) dixit idem quod Borcius, excepta missa, et addidit quod au|divit quod ecclesia Sancti Ambrosii habebat decimam totius terre ubi est Morimundum | antiquitus. § Guifredus Grillius, de loco Casolate, iur(atus) dixit idem per omnia quod Borcius, | excepta decima et missa prepositi, et addidit quod quando pater suus iacebat in infirmitate | de qua mortuus est, vocavit presbiterum Bruniolum de Casolate, et dixit ei: 'Vos male fa|citis quod dimittitis ita terram Sancti Ambrosii de Morimundo, quia bene scio ipsam terram, | et egomet interfui ubi iugera .XI. de ipsa terra fuerunt mensurata'; et presbiter Brunio|lus dixit: 'Non est modo te(m)pus inquirendi talia, propter guerram'. § Olda, coniux quondam Petri | Laurentii de Roxate, iur(ata) dixit: 'Eo t(em)pore quo Mediol(anum) fuit destructum, ivi cum viro | meo habitatum (n) ad locum Colonagum, et habui ibi filium .I. qui vocatur Petrus, qui statim | ut natus est, quia sperabatur de morte eius, delatus est Roxate ut baptismum reciperet, et | clerici de Roxate noluerunt eum baptizare, quia non erat (o) de plebe (p) eorum set de plebe Casolate, quia | qui filius meus postea baptizatus (q) in fontibus de Casolate et portatus ad scrutinium ad Ca|solate; et postea habui filiam que similiter baptizata fuit in eisdem fontibus'; et dixit | quod multociens recepit amicos suos et parentes de Casolate venientes ad letanias | ad Colonagum, et postea ibant ad ecclesiam Sancti Ambrosii, et quod ipsamet vidit longe | amplius spatium terre inter ecclesiam Sancti Ambrosii et fossatum vinee de Morimundo | quam sit modo, et quod ecclesia Sancti Ambrosii, que est in discordia, et terra ubi fit ecclesia Mo|rimundi sint de plebeio de Casolate; et de manso terre ipsius ecclesie et sedimine in quo | habitaverunt Muzaluganici dixit idem quod Borcius; et dixit (r) quod multotiens | dixit viro suo quare iacet terra guasta circa ecclesiam (s) Sancti Ambrosii, et ipse | dicebat quod terra illa erat ecclesie Sancti Ambrosii, et ideo ita iacebat guasta.
§ Guertius, diaconus plebis de Casolate, reversus dixit: 'Ab annis .II. infra et ab uno supra | fui ibi ubi Paganus, prepositus Casolate, nuntiavit magistris et operariis ecclesie nove (t) | Morimundi ne fac(er)ent illud opus quia super terra plebis fiebat, et ego et prepositus proiecimus | lapides supra illud opus in ipsa nuntiatione'. Int(e)r(rogatus) de die qua fuit vel mense, r(espondit): 'non recor|dor'. Int(e)r(rogatus) si alius preter eum ivit cum ipso preposito ad ipsam nuntiationem fatiendam, r(espondit): 'non'. | § Tutobenus, titulatus in ipsa plebe, reversus dixit: 'A tribus annis infra et ab uno | supra fui cum preposito Pagano ibi ubi ecclesia Morimundi fit, et ibi (u) magistri et opera|rii laborabant, explanabant terram et piccabant petras, et tunc prepositus inter|dixit eis ex parte archiep(iscop)i ne fac(er)ent opus illud quia super terra plebis de Caso|late et eius plebatu erat'. Int(e)r(rogatus) de die et mense quo fuit, dixit: 'Non recordor, | set flores habebant pira et poma, sicut credo'. Int(e)r(rogatus) si alius preter eum ivit | illuc cum preposito, r(espondit): 'non'.
(a) d- corr. su altre lettere.
(b) Segue lettera principiata e parzialmente erasa.
(c) -i- corr. su altra lettera.
(d) -r- nell'interlineo.
(e) Precede G- (anticipazione erronea ed interrotta del successivo Georgii) espunta.
(f) -b- corr. da d.
(g) -e- corr. da lettera principiata, come pare.
(h) q- corr. da d, come pare.
(i) -s corr. su m principiata, cui è stato espunto il secondo tratto; segue de espunto.
(j) -i corr. su o.
(k) Segue q(uo)d distabat plus cassato mediante sottolineatura.
(l) e- su rasura.
(m) Segue ma(n)su(m) .I. t(er)re cassato mediante sottolineatura.
(n) Così M.
(o) M erant, con espunzione di -n-.
(p) d(e) plebe nell'interlineo, con segno di richiamo.
(q) La seconda t corr. da v.
(r) Segue et (nota tironiana) depennato.
(s) M eeccl(esi)am.
(t) Segue de depennato.
(u) Parziale rasura di segno abbr. (trattino orizzontale) intersecante l'asta di -b-.
(1) Le carte di Morimondo, I, doc. n. 155, pp. 303-6.
(2) Oberto da Pirovano: cf. GAMS, Series episcoporum, p. 796; SAVIO, Milano, pp. 501-22; AMBROSIONI, Oberto da Pirovano.
(3) Cf. nota introduttiva al doc. n. 234.
Edizione a cura di
Michele Ansani
Codifica a cura di
Gianmarco Cossandi