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Urbani papae III litterae gratiosae
<1185 dicembre 1 - 1187 ottobre 20, Verona>.
Urbano III papa inibisce chiunque dal chiedere all'abate del monastero di Morimondo la prestazione del giuramento nelle cause riguardanti il monastero medesimo, qualora sia in grado di produrre testimonianze e documentazione sufficienti a provare le proprie ragioni.
Menzione nei docc. nn. 285, 289 e 341.
Regesto: KEHR, Italia Pontificia, VI, I, p. 131, n. *5, alla data (1185-1187).
La cronologia del doc. (capostipite di una sequenza di lettere apostoliche di identico contenuto: cf. nn. 285, 289 e 341) corrisponde a quella del pontificato di Urbano III. Si potrebbe tuttavia circoscrivere l'uno o l'altro termine a seconda che si preferisca collocare l'emissione delle litterae prima o dopo la sentenza pronunciata, verosimilmente nell'estate del 1186, dal cardinale di S. Giorgio al Velabro, Rodolfo Nigellus (deperdita: cf. tuttavia n. 280). Non sembrerebbe forzato, difatti, un collegamento con la litigiosa vicenda che proprio negli anni di Urbano opponeva il monastero alla pieve di Casorate (cf. i nn. 278 e 279, oltreché il già cit. n. 280); in particolare, l'impetrazione del doc. potrebbe essere letta sia nella chiave di un tentativo volto ad annullare gli effetti temporaneamente sospesi del pronunciamento di Gibuino e del socio Enrico (cf. la nota di commento al n. 279: il verdetto prevedeva, come si è visto, il giuramento dell'abate di Morimondo ai fini di affermare la congruità delle proprie rivendicazioni), sia quale volontà di ottenere diretta sanzione apostolica alla sentenza del cardinale Rodolfo (cf. n. 280), che aveva sollevato l'abate dalla necessità di adempiere a tale obbligo. Nell'uno e nell'altro caso, il terminus post quem va spostato avanti di qualche mese rispetto alla consacrazione di Urbano, e fissato all'epoca delle due sentenze cui si è accennato (1186 aprile 19, oppure estate del 1186). Tuttavia, la testimonianza di un converso morimondese resa verso la fine del 1199 in un'ulteriore fase del contenzioso (doc. n. 345; cf. anche i docc. nn. 340, 343 e 344) sembrerà alludere proprio alle litterae pontifice oggetto di questa discussione laddove affermerà come la sentenza di Gibuino fosse stata emessa contra preceptum domini pape; ignorando, cioè, l'impedimento per chiunque dal deferire all'abate il sacramentum nelle cause del monastero sancito dalla massima autorità ecclesiastica (e va anche ricordato che, con un decreto del 1172 dicembre 7, Piacenza, i rettori di Lombardia avevano stabilito tale esenzione per i capi e i membri di tutte le comunità cisterciensi: cf. MANARESI, Gli atti del Comune di Milano, doc. n. LXXXII, pp. 118-9): se il preceptum cui si riferisce il testimone corrisponde al doc. in questione, è chiaro che il terminus ante quem andrà fissato perlomeno all'altezza della data attribuita alla sentenza di Gibuino (1186 aprile 19), mantenendo inalterato l'altro estremo cronologico. Va sottolineato, tuttavia, che la deposizione testimoniale cui si è fatto riferimento desta già per altri aspetti (cf. nota di commento al n. 279) alcune perplessità, tali da indurre a una valutazione di non totale affidabilità; pertanto, nell'impossibilità di sciogliere il nodo relativo alla circostanza specifica entro cui situare l'emissione del doc., si ritiene di non correggere la cronologia dilatata già proposta da Kehr.
Per un'eventuale ricostruzione del dettato si vedano, anzitutto, le litterae di identico tenore rilasciate dal medesimo pontefice al monastero di S. Maria di Chiaravalle in data 1185 o 1186 dicembre 13 (cf. KEHR, cit., p. 124, n. 9; edizione in PFGLUCK-HARTTUNG, Acta, III, p. 324, n. 366), ma anche i docc. omologhi (cui già si è fatto riferimento) destinati all'abate di Morimondo, all'inizio del loro pontificato, da Gregorio VIII (n. 285), Clemente III (n. 289) e Innocenzo III (n. 341), su questo esplicitamente ricalcati.
Edizione a cura di
Michele Ansani
Codifica a cura di
Gianmarco Cossandi