Lombardia Beni Culturali
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Gregorii papae VIII privilegium

[1187 ottobre 31, Ferrara].

<Gregorio VIII papa conferma al monastero di Morimondo la protezione apostolica e il possesso di beni, diritti ed esenzioni dal pagamento di decime> . Autorizza il medesimo, fra l'altro, sia nelle cause civile sia in quelle criminali, ad avvalersi di testimoni prescelti all'interno della comunità.

Copia semplice parziale, ASMi, AD, pergg., cart. 695 [B]. Regesto del sec. XV, Inventarium, c. 160.

Regesto: JAFFÉ-L., -; KEHR, Italia Pontificia, VI, I, p. 131, n. *7.
Cf. CAVAGNA SANGIULIANI, L'abbazia di Morimondo, p. 599.

La membrana (su cui precedono i docc. nn. 326 e 341) appare decisamente danneggiata da lacerazioni e macchie, e soprattutto da uno sbiadimento quasi totale dell'inchiostro nella parte mediana, verso il margine destro, dove si notano anche tracce di scrittura lungo tutta l'altezza del foglio ma disposta nel senso inverso. Rigatura a piombo.
L'attribuzione del frammento alla cancelleria di Gregorio VIII pare obbligata, essendo attestata da Inventarium l'emissione di un doc. solenne da parte di quel pontefice a favore del monastero morimondese, non altrimenti pervenutoci. La sua parziale trascrizione in un contesto che comprende anche il diploma di Enrico VI del 1195 giugno (n. 326) e le litterae di Innocenzo III del 1199 settembre 13 (n. 341) - di cui peraltro la copia costituisce l'unico testimone pervenutoci - non parrebbe altrimenti giustificabile se non ipotizzando un utilizzo di tutti e tre i docc. nell'àmbito della lite tra il monastero e la pieve di Casorate pendente, proprio nello scorcio del sec. XII, dinanzi ai giudici delegati apostolici Giustamonte de Turre e Pietro Gaspare Menclocius (cf., al riguardo, i docc. nn. 340, 343, 344, 345; per la fase precedente della controversia cf. i nn. 278, 279, 280 e le relative note di commento); anche se, dei tre pezzi, forse solo quello di Innocenzo III venne utilizzato dai giurisperiti morimondesi a supporto delle proprie argomentazioni (n. 343). Va però rilevato che la sanzione apostolica ed imperiale relativa all'esenzione dall'obbligo del giuramento ai fini della formazione delle prove processuali, a favore delle testimonianze orali, sembra costituire il minimo comune denominatore dei tre docc. che si susseguono sulla pergamena, costituendo l'oggetto specifico delle litterae innocenziane (che a loro volta ricalcano analoghi provvedimenti di altri pontefici) e un capitolo della parte dispositiva nel diploma imperiale (cit.); nel privilegio di Gregorio VIII, d'altra parte, risulta particolarmente significativo - se letto nel quadro della controversia cui si accennato - il passaggio che configura la liceità del ricorso alla testimonianza di membri della comunità monastica: a margine della sentenza (n. 344) pronunciata dai suddetti Giustamonte e Pietro, infatti, verranno pubblicate le deposizioni rese da due conversi morimondesi (n. 345), risultate decisive per la formazione del verdetto.
Il frammento consiste di formule ricorrenti nei privilegi concessi ai cenobi dell'ordine cisterciense, ciò che ha consentito un agevole restauro delle parti lacunose; per un'eventuale verifica, si vedano i docc. rilasciati dallo stesso Gregorio VIII al monastero di Clairvaux in data 1188 gennaio 7, Pisa (ed. in PFLUGK-HARTTUNG, Acta, III, n. 392, pp. 340-2) e da Celestino III all'abate e al convento di S. Maria della Sambucina il 1196 dicembre 21, Laterano (ed. in PRATESI, Carte latine di abbazie calabresi, n. 49, pp. 116-122). In ogni caso, si tratta di un formulario parzialmente già attestato nei privilegi morimondesi degli anni precedenti: per il passo paci quoque - audeat exercere cf. n. 222, n. 248, n. 281; per insuper etiam - conpellat cf. n. 248; il primo sarà recuperato dal privilegio di Clemente III del 1188 maggio 28 (n. 290), che a sua volta conterrà anche le formule inhibemus eciam - eiusdem e si que vero - censemus, escludendo però (rifacendosi direttamente all'omologo doc. di Urbano III qui edito al n. 281, che non le contemplava) le parti relative alla procedura giudiziaria.

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Paci quoque et (a) tranquilitati (b) vestre paterna in posterum sollicitudine providere volentes, auctoritate apostolica providentes prohibemus ne qu[ispiam] infra clausuras domorum [seu] gra[n]giarum [vestrarum violentiam facere, rapinam seu furtum com]mittere, ignem appon(er)e, hominem capere vel interficere seu aliquam violenciam (c) temere audeat exercere; inhibemus eciam ne terras seu quodlibet beneficium ecclesie vestre collatum liceat alicui personaliter dari sive aliquo modo alienari, absque assensu totius cap[itu]li aut maioris [vel sani]or[is partis eiusdem; si que vero] donaciones vel alienacio[ne]s aliter quam dictum est facte fuerint (d), eas irritas esse censemus (e); licitum preterea vobis sit in causis (f) propriis, sive civilem sive criminalem contineant questiones, fr(atr)es vestros idoneos ad testificandum adducere, atque ipsorum testimonio sicut iustum f[uer]it, et propulsare vi[olentia]m et iusticiam vindicare. Insuper etiam apostolica auctoritate sanctimus, quemadmodum a predecessoribus nostris Romanis pontificibus vestro ordini est indultum, ut nullus episcopus vel alia qualibet persona ad sinodos vel ad conventus forenses vos ire, vel iudicio seculari de propria substantia vel possess[ionibus] subiacere conpellat, illud adicientes ut nullus regularem electionem abbatis vestri impediat, aut de instituendo vel deponendo seu removendo eo qui pro t(em)pore (g) fuerit, contra statuta Cisterciensis ordinis et auctoritate[m] privilegior[um] vestrorum se ullatenus int[romit]tat.
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(a) et (nota tironiana) nel sopralineo.
(b) Così B.
(c) B violecia(m).
(d) -t nell'interlineo.
(e) B censsem(us); non si esclude tuttavia il depennamento della seconda s.
(f) B causiss.
(g) Precede lettera principiata non depennata.

Edizione a cura di Michele Ansani
Codifica a cura di Gianmarco Cossandi

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