6
Breve investiture et vuadie
1102 agosto, Bergamo.
Landolfo detto Camerario, figlio del fu Orso, di Bergamo, investe Marino del fu ***, di Gandino, di un appezzamento di terreno a campo e a vite con tettoia, facente parte del suo predium sito fuori Bergamo, in località Prato de Roboro. Marino potrà lavorare detta terra, usufruirne e risiedervi, versando a Landolfo a titolo di canone la metà di quanto verrà prodotto in grano, mosto, lino e rape. Landolfo, da parte sua, garantisce al locatario cinquanta soldi come aiutorium per l'edificazione di una casa sul terreno in oggetto, ponendo come fideiussore Giselberto Brahaniola. Garante dell'impegno assunto da Marino viene nominato Pietro Petenuzio di porta S. Lorenzo.
Originale, BCBg, Collezione di pergamene, perg. 562 A (A).
Nel verso, solo segnatura settecentesca: '1102'.
Regesto: MENANT, Une vie ordinaire, p. 142, doc. n. 1.
Nonostante qualche puntuale scolorimento dell'inchiostro e la presenza di piccoli fori dovuti a rosicature, la pergamena è complessivamente in discreto stato di conservazione.
Alla figura di Landolfo Camerario, ricco possidente terriero e intraprendente operatore finanziario assai frequentemente attestato nella documentazione bergamasca fra il 1102 e il 1135, ha dedicato un ampio e dettagliato studio MENANT, Une vie ordinaire, pp. 129-149. Per un più sintetico quadro delle sue numerose iniziative di accumulo fondiario e degli stretti rapporti da lui intrattenuti con il monastero di Astino fin dagli esordi cf. anche ID., Nouveaux monastères, p. 303, e ID., Bergamo comunale, p. 172. Sulla base del documento di cui qui si fornisce l'edizione, Menant, per primo, ha potuto mostrare l'inconsistenza dell'identificazione di Landolfo con un omonimo presbiter di Milano, figlio del fu Leone e camerario della Chiesa vescovile di Bergamo durante l'episcopato di Arnolfo da Landriano (1077-1098), erroneamente trasmessa alla storiografia locale da un'annotazione di Mario Lupo. Altre attestazioni di Landolfo Camerario più avanti, docc. nn. 8, 12, 33, 46, 47, 53, 56, 58, 60, 68, e in Le carte di Astino, II, 5, 6, 8, 26, 48, 50, 59.
Giselberto Brahaniola (altrove, e più frequentemente, detto Brachaniola - cf. più avanti, docc. nn. 8, 13, 34, 46), qui menzionato come fideiussore dell'impegno assunto da Landolfo nei confronti del locatario, appartiene a una ricca famiglia cittadina la cui prima attestazione rimonta al 1028, e le cui fortune paiono essenzialmente legate ad attività economiche di tipo commerciale, non senza una qualche specifica propensione per il prestito su pegno fondiario, come il cognomen stesso - evocatore del contratto detto di brachania - starebbe a indicare. Entrati sul finire dell'XI secolo nella curia vassallatica del vescovo Arnolfo, alcuni dei Brachaniola s'inseriranno con una certa continuità nelle magistrature consolari fra gli anni Sessanta e Settanta del XII secolo. Cf. per tutto ciò MENANT, Campagnes lombardes, pp. 653-654, e p. 908 (tavola genealogica n. 27).
Una die d(omi)nice que est de mense agusti, in civitate Pergamo. Presentia bonorum | hominum, corum nomina subt(er) leguntur, per fuste quod in sua tenebat manu Landulfus (a)| qui vocatur Camerario (b), filius quondam Orsoni, de eadem civitate, investivit Marino filio quondam |[...](c) de loco Gandino, nominative de petia una de terra campiva et vidata cum tegia super | abente iuris sui, que habet et tenet in suo predio foris eadem civitate, ubi dicitur | Prato de Roboro; eo tamen ordine ut ipse Marino et sui heredes abeat et tene|at ipsam terram et laboret, et fruget, et abitet (d), et debet dare et persolvere de fruges terre med|[i]um quod exierint de granum et mustum, linum et rava eidem Landulfi et sui heredes (e). |Et predicto Landulfo dedit | ei vuadia de solidis quinquaginta per aiutorium de terra et de casa levare, et posuit fid(eiusso)r |Giselbertum Brahaniola(f). Et ipse Marino dedit ei vuadia (g) eidem Landulfi (h) quod debet levare [ca]|sa in ipsa terra, et posuit fid(eiusso)r Petro Petenuzio de Porta Sancti Lau[re]ntii. Pena | vero inter se posuerunt, et sic vadiaverunt, ut si quis ex ipsis de ac convenientia | se removere (i) presumserit et non permanserit in ea omnia (j) supra legitur, tunc componat (k) illa pa|rs que hoc non conservaverit a parti fidem servanti pena solidos centum, et s(upra)s(crip)ti | fid(eiusso)res ita esse debet. Quia sic inter se convenerunt. Factum hoc (l) anni Domini | millesimo centesimo secundo, ind(ition)e decima. Boketo et (m)(SN) Girardus notarius interfui et unch (n) breve rogatus scripsi.Unde duo breve uno tenore scripti sunt (o).
(a) A Ladulfus, a causa della mancanza di segno abbreviativo per la nasale.
(b) A Cameraro.
(c) Spazio bianco dell'estensione di circa 8 lettere.
(d) et abitet aggiunto nell'interlineo.
(e) Segue, interamente depennato: et s(upra)s(crip)to | Marino debet tollere sem(en) panici et milii inantea.
(f) -i- aggiunta nell'interlineo.
(g) A evuadia.
(h) A Ladulfi, a causa della mancanza di segno abbreviativo per la nasale.
(i) A rovere.
(j) A homnia.
(k) A coponat, a causa della mancanza di segno abbreviativo per la nasale.
(l) A och.
(m) La notitita testium si riduce al nome di Boketo, dal momento che lo spazio restante, sino alla fine del rigo, è stato lasciato completamente in bianco.
(n) Così A.
(o) La formula di redactio in duplum è collocata in questa posizione, di seguito alla sottoscrizione notarile.
Edizione a cura di
Gianmarco De Angelis
Codifica a cura di
Gianmarco De Angelis